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4:44 L'ultimo giorno sulla Terra

Regia di Abel Ferrara vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su 4:44 L'ultimo giorno sulla Terra

di alan smithee
8 stelle

Le nefaste profezie dei Maya, che hanno visto recentemente tramontare o quanto meno rimandare di qualche mese o anno le cupe previsioni sul destino del nostro pianeta, hanno evidentemente galvanizzato i pensieri e l’immaginazione di un grande autore come Abel Ferrara, e spinto la distribuzione francese a presentare l’ultima opera del regista italo-americano (in concorso a Venezia - edizione 2011) alla vigilia dell’ipotetica fine del mondo.
I maligni, o semplicemente i detrattori del bizzarro e un po’ devastato cineasta - da me personalmente molto amato - hanno accusato il regista di aver girato un film che sintetizza nel titolo (4:44 - Ultimo giorno sulla terra) tutto lo svolgimento della trama.

In realtà tutto ciò è un po’ anche vero, ma ciò che colpisce e non ci fa restare indifferenti nei confronti di un’opera certamente un po’ ostica (come quasi tutti gli ultimi Ferrara del resto) è il clima di rassegnata attesa che traspare nei volti belli o interessanti e in ogni caso seducenti dei due protagonisti assoluti: chiusi nell’appartamento cupo e post-moderno dove lei, pittrice bella e giovane, costruisce tele pollockiane partecipando con tutto il proprio (bel) corpo alla realizzazione dell'opera, rendendo più naturali le astrazioni colorate e visivamente seducenti che intende rappresentare - i due si amano con l’intensità sofferta ed esclusiva dell’ultima volta. Sullo sfondo benedizioni plenarie ed indulgenze di remissione dei peccati di massa da parte del Vaticano (l'ossessione religioso-blasema di Ferrara è tutt'altro che sopita), comunicati stampa e servizi che documentano una collettiva rassegnata accettazione dell'ineluttabile  da parte di una umanità che non cede neanche troppo al panico a cui ci hanno abituato certi disaster movies hollywoodiani fragorosi e famosissimi.

Solo quando scocca la fatidica ora e il cielo si annuvola del nero dellamorte, allora basta un soffio di vento, uno sbattere di una finestra e un black-out improvviso per gelarci il sangue e immedesimarci molto più che nei sopra accennati filmoni commerciali nella drammatica inesorabilità degli eventi.
Un film difficile da mandar giù, ma a suo modo affascinante, cupo, senza speranza, e importante tassello di una maturazione autoriale che si scarnifica sempre piu’ a livello di narrazione, ma riesce ancora a convincerci grazie anche alla lucida intensità delle riprese sui corpi e volti interessanti dei due attori seducenti, generosi e fedelmente partecipi.

 

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