Regia di Philippe Lioret vedi scheda film
Una giovane donna magistrato ha un tumore cerebrale che le lascia pochi mesi di vita; un suo collega più anziano la assiste nel caso di un’immigrata con bambina a carico, insolvente verso un’agenzia di credito al consumo. Questa volta, lo dico con rammarico, la coppia Lioret (regista)-Lindon (protagonista) apprezzata in Welcome delude. Poteva venire fuori una storia del tipo Nelly e Mr. Arnaud, e infatti all’inizio ci si avvia in quella direzione: ma qui i due si mantengono sul piano puramente professionale, disquisiscono di cavilli legali non sempre chiari allo spettatore, senza che nessun brivido scorra sotto la pelle. La parte giuridica, risolta con due sole scene in tribunale, imita goffamente i modelli americani nei quali il singolo ha sempre la meglio sulla potente lobby di turno; ed è sconcertante la disinvoltura con cui viene presentato come normale il fatto che un giudice abbia rapporti personali con l’imputato oggetto di una sua sentenza. Rapporti finalizzati peraltro a una conclusione alla Susanne Bier, con la donna che sceglie la sostituta che dovrà prendere il suo posto in famiglia dopo che sarà morta. C’è anche un’inverosimiglianza grossa come una casa: il marito, a quanto pare, ignora che la moglie non vede suo padre da quando era bambina.
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