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Regia di Philippe Lioret vedi scheda film

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La recensione su Tutti i nostri desideri

di barabbovich
8 stelle

Dopo l'eccezionale Welcome arriva anche in Italia l'opera numero tre di Philippe Lioret, che conferma lo straordinario talento di questo cineasta transalpino attento e sensibile alle tematiche sociali. Ci troviamo a Lione, dove una giovane giudice del tribunale civile (una sorprendente Marie Gillain) deve amministrare il caso di un'altrettanto giovane madre (Dewasmes), sola e con due figli a carico, insolvente nei confronti di un'agenzia di credito. La magistrata viene accusata di parzialità e rimossa dall'incarico, che passa nelle mani di un veterano disilluso (il solito Vincent Lindon da standing ovation) che conosce bene le pastoie della giustizia. Tra i due magistrati nascerà un rapporto di intesa suggellato dalla condivisione della malattia terminale di lei, nascosta alla famiglia, e che li porterà a combattere fino all'ultimo nella lotta impari tra Davide e Golia.
La prima cosa che sorprende di questo film al centro del quale si trovano i temi della giustizia e della malattia è il modo in cui quest'ultima viene trattata senza sconfinare nel sentimentalismo strappalacrime. Lioret rimane sobrio, fa della malattia la sponda sulla quale giocare il colpo di reni per (ri)trovare la volontà di combattere per la giustizia e annoda saldamente i due temi, frastornando lo spettatore con una raffica di situazioni di tale intensità emotiva da tenerlo costantemente sull'orlo della commozione. Liberamente ispirato al romanzo Vite che non sono la mia, di Emmanuel Carrère, Tutti i nostri desideri (peccato davvero per il titolo così banale…) è un melò travestito da legal thriller che gioca, come già in Welcome, le carte del disincanto e del rapporto tra un uomo maturo e una persona giovane, richiamando nella trama quel capolavoro di che è La mia vita senza me. Con le canzoni di Rickie Lee Jones a dare l'ultimo, struggente suggello.   

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