Regia di Manetti Bros. vedi scheda film
Un alieno viene catturato a Roma. I servizi segreti lo interrogano tramite una interprete che parla cinese, unica lingua terrestre conosciuta dall'alieno. La creatura però non si sbottona; l'interprete, ritenendo la situazione eccessiva, libera l'alieno.
Lati positivi dell'opera: l'idea di partenza è originale, la tensione nella prima parte è mantenuta molto bene e gli effetti speciali, soprattutto se si pensa che parliamo di una produzione modesta, sono ottimi; lati negativi, essenzialmente uno: la scarsa tenuta narrativa della storia. L'arrivo di Wang, quinto film per il grande schermo dei fratelli Manetti, è un prodottino confezionato accuratamente e un'escursione in territorio fantascientifico: due caratteristiche abbastanza rare per il nostro cinema; tutto si appoggia sulle solide spalle di Ennio Fantastichini (a tratti però un po' troppo gigione) e su quelle di Francesca Cuttica, qui sufficientemente robuste. Come si rilevava in incipit, la trama è suddivisa in maniera evidente in tre netti tronconi: l'interrogatorio al buio, che è il segmento più intrigante dell'intero lavoro; la prosecuzione a luci accese, francamente stagliuzzabile senza perderci granchè; il roboante e prevedibile finale, unica possibile via d'uscita del canovaccio alla luce di tutti i suoi snodi. In pratica: tensione, pathos e azione; positive la prima e la terza, meno riuscito il brano intermedio. Sceneggiatura dei Manetti brothers, ossia Marco e Antonio. 4,5/10.
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