Regia di Manetti Bros. vedi scheda film
Fantascienza a bassissimo costo al servizio di due Manetti scatenati e ispiratissimi; un mistero che dopo una ventina di minuti scopre tutte (o quasi) le sue carte, ma che tuttavia non smette di sorprenderci con quel senso di cospirazione sadica che aleggia nell'aria: un'atmosfera malsana e chiusa, soffocante e viziata di un luogo segreto ove si improvvisa uno strano e segretissimo interrogatorio. Un individuo tenuto al buio che parla solo cinese, una interprete ingaggiata all'ultimo minuto, allettata da un'offerta in denaro piuttosto cospicua se rapportata al tempo necessario per la traduzione simultanea che le viene richiesta; l'esigenza di condurre la traduttrice in una localita' segreta, bendata perche' non scopra dove si stanno trovando. La suspence cresce e il mistero rende palpabile l'ansia e i dubbi, spesso anche di carattere etico, che assalgono la protagonista, incaricata di tradurre le domande di uno sprezzante, arrogante moderno inquisitore incaricato delle indagini. A poca distanza da "L'ultimo terrestre", bizzarro ed ingegnoso esordio di Gipi nel mondo della regia, i talentuosi Manetti tornano in argomento, giostrando con cura e in un crescendo di suspence mirabile una materia che riesce a restare accattivante anche dopo la scoperta di chi si cela dietro le oscurita' che nascondono alla nostra vista il misterioso signor Wang. I due registi applicano la formula del budget irrisorio + attore famoso (e carismatico) + attrice tosta che poi ripeteranno nel recente e piu' fortunato "Paura 3D", che a questo punto grazie a questo Wang mi viene da rivalutare, superando certe perplessita' provate in occasione della recente visione in sala dell'incursione nell'horror da parte dei due registi. Grande prova di Fantastichini + Cuttica, mentre Roma invasa dagli alieni pare il meraviglioso e apparentemente improponibile remake di un B-movie anni '50, con i suoi effetti speciali grezzi e poveri, di fatto pero' davvero eccezionali. E pazienza se la sceneggiatura diventa talvolta semplicistica ed ingenua come un temino delle elementari (la scrittura e' da sempre un po' il punto debole dei due talentuosi fratelli); cio' che conta e' l'anima, la vitalita' di un'opera diversa da quasi ogni altra tentazione registica degli ultimi anni, se si eccettua appunto il notevole esordio del noto fumettista gia' citato poco sopra, parente stretto di quest'opera nel condividere tematiche e stili generalmente cosi' poco italiani e cosi' troppo costosi per far parte di progetti coltivati e concepiti nel nostro provincialismo cosi' esasperato e spesso limitante. Qui proprio come ne "L'ultimo terrestre", l'esaltazione di un'atmosfera casereccia a prima vista cosi' incongrua, finisce per essere l'ingrediente segreto che genera il tocco sublime di un piatto povero ma dal gusto generoso ed inimitabile.
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