Regia di Guido Lombardi (II) vedi scheda film
Il 18 settembre del 2008 un gruppo di camorristi affiliato al clan dei Casalesi fece una strage di ragazzi africani presso una sartoria di Castel Volturno. Uno di loro sopravvisse fingendosi morto e risultando decisivo per le testimonianze del processo. Le indagini dimostrarono che nessuno dei morti era legato alla camorra né tanto meno alla mafia nigeriana, che sul posto gestiva droga e prostituzione. L'esordiente Guido Lombardi racconta quell'episodio orribile con un film che sta a metà strada tra ricostruzione documentaristica e finzione, parente alla lontana di Gomorra di Garrone. Al centro della vicenda c'è Yssouf (Alassane), che si arrabatta come può vendendo fazzoletti ai semafori fino a quando non viene ingaggiato da quel piccolo boss locale che è diventrato suo zio (Mone). Quando il ragazzo si trasforma in un corriere della droga cominciano i guai seri.
Lombardi ricostruisce con grande verismo gli ambienti degradati dell'hinterland casertano e le condizioni di miseria dei neri sfruttati e spesso vestiti solo con tute acetate, mostrando altresì sensibilità antropologica nel documentare le abitudini religiose e la determinazione verso l'integrazione nel tessuto sociale di quella parte di immigrati non disposti a scendere a compromessi con la criminalità organizzata. Al film, che pure ha fatto incetta di premi (tra questi, il Leone del futuro-premio opera prima "Luigi De Laurentiis" al festival di Venezia), manca soltanto un pizzico di ritmo e un po' più di coraggio nella scelte di regia, per quanto resti apprezzabile il tentativo di restituire per intero la Babele linguistica di un luogo dove la lingua italiana serve soltanto da ponte tra idiomi diversi. Il che ha reso necessario sottotitolare l'intero film.
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