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Là-bas. Educazione criminale

Regia di Guido Lombardi (II) vedi scheda film

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La recensione su Là-bas. Educazione criminale

di OGM
8 stelle

Cinema africano d’importazione, che tinge di nero le nostre realtà mafiose. La camorra, il 18 settembre del 2008, ha ucciso sei ragazzi di colore in una sartoria. È il fatto di cronaca noto come la strage di Castel Volturno: un regolamento di conti da parte di un gruppo scissionista della famiglia dei Casalesi, nell’ambito di una contesa territoriale riguardante lo spaccio di cocaina. Sul posto, però, contrariamente a quanto credevano i sicari, non c’erano persone coinvolte nella questione. I morti sono tutte vittime innocenti. Guido Lombardi ha voluto dedicare, a quelle giovani vite spezzate, un film che è insieme documento e dramma, ritratto sociale  ed amara poesia delle speranze deluse. Youssuf approda in Italia per cercare un’opportunità. È un’artista, e vorrebbe comprarsi una costosissima apparecchiatura elettronica per produrre in serie le statuine metalliche che ama tanto scolpire. Per realizzare il suo sogno deve riuscire a mettere da parte quarantamila euro. Suo zio Moses, che già tempo si è trasferito nel nostro Paese, si è offerto di fornirgli alloggio e assistenza, ma, al suo arrivo alla stazione, non si fa trovare, e risulta irraggiungibile al cellulare. In questo modo il ragazzo ha modo di sperimentare, almeno per qualche giorno, la condizione degli immigrati senza permesso di soggiorno, che vivono ammassati in edifici abbandonati privi dei minimi requisiti di igiene e sicurezza, e rimediano quattro soldi lavorando come braccianti in nero oppure arrangiandosi come venditori ambulanti di fazzoletti di carta. La via dell’onestà coincide con quella dell’umiliazione e della miseria senza scampo. L’alternativa, da cui Youssuf si lascia subito tentare, è un’esistenza da avventuriero del crimine: la gente paga per avere una dose di droga o per passare una notte con una prostituta, e si fa presto a diventare belli ricchi. Fuori dalla comunità capeggiata da Idris,  formata da persone semplici ma disperate, si estende il sottobosco dei traffici illegali, che fruttano molto denaro, ma isolano l’individuo in un mondo buio e nascosto, in cui l’integrazione con la cultura locale è un problema che neanche si pone, ed i rapporti umani sono retti esclusivamente dalle logiche di fedeltà al clan. È il lato in ombra dell’emarginazione: quello che si rinchiude deliberatamente nella clandestinità per inseguire un’utopia proibita. Ci si scava una sorta di nicchia, all’interno di una terra a cui non si vuole né si può appartenere, perché l’intenzione è soltanto quella di approfittare temporaneamente delle sue risorse, ricavandone il massimo guadagno possibile. In quell’inferno sommerso si finisce non necessariamente perché si sia delinquenti nati, ma magari perché ci si sente respinti, disprezzati, e perché i quattrini facili, si sa, accendono la fantasia. Youssuf ha bisogno di quell’attrezzatura, e non ci sta a farsi sfruttare da un proprietario di un autolavaggio,  insaponando carrozzerie e pulendo tappetini per trecento euro al mese. Quel giovane è un musulmano convinto e praticante, ma il disagio, da un lato, e le nuove occasioni, dall’altro, riescono infine a  fare breccia nella sua solidità morale, trasformandolo in un essere eticamente anonimo, perfettamente omologato e funzionale al sistema. Tutto comincia con una bevuta di limoncello insieme a Suad, una sua connazionale conosciuta per caso. Quell’attimo di trasgressione segna il punto di non ritorno. E dire che poteva sembrare una cosa da nulla, e invece è il principio della fine. Si può precipitare anche così, con naturalezza e senza forzature. E senza essere così primitivi, cinici e malvagi come i protagonisti di Gomorra. Una persona normale si rende complice di una guerra che sfocia rapidamente nell’orrore. Youssuf, per altro, può immettersi in quel vicolo cieco attraverso un canale privilegiato, che è quel suo zio tanto potente, posto alla guida di un’organizzazione di pusher e corrieri. In fondo, si è trovato anche lui nel posto sbagliato al momento sbagliato, esattamente come quei poveri ragazzi che, del tutto incolpevoli, in margine ad un gioco crudele, una sera di fine estate ci hanno lasciato la pelle. Là-bas: Educazione Criminale è il diario di una perdizione in cui non si sente il frusciare delle pagine: la storia si scrive tutta sullo stesso foglio, le svolte sono impercettibili, la continuità è perfetta, e, come in un action movie che si rispetti, non c’è nemmeno il tempo di porsi le domande.

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