Regia di Luciano Martino vedi scheda film
Claudio, pubblicitario che vive a Milano, viene a sapere che sua madre sta molto male. Lo viene a sapere da un suo ex insegnante, che Claudio ha sempre pensato avesse una tresca con la madre. L'uomo parte così alla volta del paese natìo, ripensando al suo passato.
Luciano Martino è stato senz'altro maggiormente noto come produttore, ma ha lavorato molto anche come scrittore di cinema e, in qualche rara occasione, come regista. Con questo Nel giardino delle rose il Nostro si mette per la prima volta dietro alla macchina da presa per confezionare un prodotto espressamente drammatico, dalle venture addirittura autoriali: non male per uno che fino a quel momento aveva diretto una manciata di titoli 'di genere' e il cui più grande successo di pubblico (sempre come regista, si intende) era stato lo scollacciato La vergine, il toro e il capricorno (1977). Martino firma qui anche il soggetto – in solitaria – e la sceneggiatura – insieme a Sauro Scavolini, nome rilevante per le circostanze – e in definitiva mette in scena con sufficiente cura un lavoro riflessivo, dai toni spesso cupi, esteticamente valido. Il ritmo è forse la pecca principale dell'opera, che procede a singhiozzo verso un finale inevitabilmente amaro; anche il trucco approssimativo con cui si intende cambiare l'età dei vari protagonisti attraverso i salti temporali della narrazione non è granché di aiuto (ma siamo pur sempre nel 1990 e in una produzione dal budget non scarso, ma certo contenuto). Apprezzabilissimo il casting, che riesce a coinvolgere in ruoli più o meno centrali Massimo Ghini, Ottavia Piccolo, Giancarlo Giannini, Barbara De Rossi, Remo Girone, Gioia Scola, Galeazzo Benti, Angelo Bernabucci, Leo Gullotta, Rossy De Palma e la soubrette televisiva del momento, Giannina Facio, che sarebbe poi diventata moglie di Ridley Scott. 3,5/10.
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