Regia di Santiago Mitre vedi scheda film
La politica spiegata a un ragazzo. Sulla sua pelle, e con la sua (parziale) complicità. Il trentunenne argentino regista e sceneggiatore argentino Santiago Mitre ha fatto incetta di premi in patria (e non solo) con questo The Ides of March del mondo studentesco. Tradimenti, giochi di potere, strategie elettorali sono gli ingredienti di una trama complessa ma più che credibile, il cui teatro è la facoltà di scienze politiche dell’università di Buenos Aires, nel periodo delle votazioni per il rinnovo degli organi accademici. Roque Espinosa approda in quell’ambiente un po’ per caso, dopo aver inutilmente tentato di seguire altri corsi di laurea. E, per amore di Roberta Castillo, esponente di un’associazione di sinistra, inizia a partecipare alle assemblee in cui si discute di programmi e di candidature. All'inizio Roque, mentalmente, ne sta fuori, perché non è schierato ed è un sostenitore della moderazione, ossia di quell’atteggiamento equilibrato che rifugge gli estremismi per scendere a patti con la realtà. È convinto che il rinnovamento non possa avvenire con lo scontro frontale, ma solo con un giusto compromesso tra le parti. Le compagnie che comincia a frequentare sono invece animate da forti spinte ideologiche, alle quali, però, Roque resta completamente refrattario. Un giorno, per caso, intervenendo durante una riunione, si fa notare dal professor Alberto Acevedo, il decano della facoltà, che vanta contatti di prim’ordine a livello governativo, ed è la mente ispiratrice del gruppo a cui appartiene Roberta. Da quel momento, Roque viene risucchiato in un vortice che lo strapperà alla sua neutralità per inebriarlo con la tentazione del successo e col piacere di sentirsi acclamato dai suoi pari e apprezzato, sostenuto, protetto da una persona appartenente alle alte sfere. La sua deriva egocentrica lo renderà indifferente alle amicizie ed incline al ricatto, una pedina perfettamente funzionale ai meccanismi delle spartizioni, perché del tutto incolore. Il soggetto ideale ad essere iniziato alla politica che si fa, per la quale è meglio non avere preferenze, in modo da essere sempre pronti a seguire la direzione del vento. Diventando, nello stesso momento, rappresentante degli studenti e pupillo del decano, Roque si ritrova sospeso tra il mondo giovanile della militanza urlante e combattiva, che scende in piazza sognando davvero di poter costruire un futuro migliore, e quello dei baroni, che, con silenziosa astuzia, stipulano accordi all’interno delle loro stanze, con l'unica finalità dell'interesse personale. Il ragazzo occupa una posizione assai scomoda, e un po’ paradossale, a cavallo del confine che segna lo stacco generazionale, tra lo spumeggiante idealismo dei vent’anni ed il grigio pragmatismo dell’età matura. Roque è convinto di svolgere, semplicemente, un ruolo che gli è stato assegnato, con il consenso congiunto della base e dei vertici; solo alla fine si renderà conto della frattura che separa i tanti che sinceramente credono dai pochi che sanno e possono. L’incontro con il dilemma sarà allora inevitabile, e lo costringerà, per la prima volta nella sua vita, a compiere una cruciale scelta di campo. I termini della questione non sono soltanto la differenza che intercorre tra l’essere e l’apparire e la contraddizione che caratterizza chi predica bene e razzola male. La “morale” della politica si sottrae alla distinzione tra verità e menzogna, perché è una pratica autoreferenziale, che manca di un effettivo interlocutore: chi aderisce ad un movimento di pensiero risponde solo alle proprie personali convinzioni, chi opera secondo le logiche partitiche persegue obiettivi meramente utilitaristici. L’altro, in entrambi i casi, non c’è. Una tesi radicale, che il film di Santiago Mitre illustra con equilibrata lucidità. A sostenerla, concorre anche e soprattutto la figura di Roberta, l’unica che pensa, parla ed agisce coerentemente in nome di un progetto comune, tenendo conto della presenza e delle esigenze di tutti. Questa nobile virtù la rende un personaggio perdente, che viene subito messo da parte sia da Roque, sia da Alberto. È tutto un intrigo, è tutto un errore, verrebbe da dire, alla luce di questa impietosa analisi. Se non fosse che il finale, in maniera sommessa, apre uno spiraglio su una confortante possibilità: quella di provare a cambiare le cose senza rinunciare a ballare, anche restando nel mezzo di quel gran mare di fango.
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