Regia di Alain Tasma vedi scheda film
Voto: 7-/10.
Pubblico: imdb 5,8/10 – rottentomatoes 3,0/5 – filmtv (IT) 3,0/5 –allociné (F) 2,2/5 – kinopoisk (RU) 7,1/10
Critica: allociné (F) 2,5/5
Dizionari: –
Tratto dal romanzo “En retard pour la guerre” di Valérie Zenatti, “Ultimatum” è l’esordio sul grande schermo del francese Alain Tasma, autore di numerosi film per la televisione (tra i quali spiccano “Nuit noir, 17 octobre 1961”, sulla repressione di manifestanti algerini da parte della polizia parigina, e “Opération Turquoise”, sull’intervento militare francese del 1994 in Rwanda).
La mdp del metteur en scène punta l’obiettivo su un’altra delle regioni da sempre più incandescenti del nostro pianeta, il Medio Oriente. Il contesto però non è quello del conflitto israelo-palestinese, bensì quello della Guerra del Golfo. Mancano poche ore al capodanno 1991 e pochi giorni, 15 per l’esattezza, allo scadere dell’ultimatum dell’ONU: se Saddam Hussein non ritira le truppe dal Kuwait, le forze occidentali attaccheranno l’Iraq. Il dittatore risponde minacciando di bombardare Israele. Questo clima non impedisce la (apparentemente) normale quotidianità di un gruppo di giovani a Gerusalemme, pronti a festeggiare l’arrivo del nuovo anno. Tra i tanti, la pellicola pedina l’italo-francese Luisa (Jasmine Trinca, per la prima volta in una produzione prevalentemente transalpina) ed il transalpino Nathanaël (Gaspard Ulliel, che ricordiamo in “Una lunga domenica di passioni” e “Hannibal Lecter. Le origini del male”). Una coppia qualsiasi. Lei studia storia antica e, per pagarsi l’università, lavora in una piccola merceria, lui è un vigilantes e, nei ritagli di tempo, dipinge. Intorno a loro, tra le tante anime più o meno in pena, l’amica in dolce attesa Tamar (Sarah Adler, presente anche nell’ultimo lavoro firmato Amos Gitai, “Ana Arabia”), col compagno e l’apprensiva madre (Hana Laszlo, premiata a Cannes come miglior attrice per “Free zone”, sempre di Gitai), e il datore di lavoro di Luisa in preda a passioni amorose. Ma i venti di guerra diventano più asfissianti, proporzionalmente alle preoccupazioni (e alle telefonate) dei genitori di Luisa, Rachel (Anna Galiena) e Victor (Michel Boujenah), residenti a Marsiglia, e all’ansia del coinquilino dei due ragazzi, che decide di lasciare il paese.
Come dichiarato nel backstage presente nel dvd (di cui esiste solo la versione francese, rintracciabile negli shop online), Tasma non pretende di spiegare una situazione tanto complicata quanto (geograficamente) lontana da noi e soprattutto personale, soggettiva, il suo scopo è piuttosto quello di carpire degli indizi che consentano un approccio, eventualmente anche parziale. E, almeno all’inizio, la prospettiva “occidentale” potrebbe essere quello dei genitori di Luisa, troppo distanti per avere una visione distinta (che può portare a confondere una camera stagna con una a gas…). I quali, quando all’altro capo del filo non risponde nessuno, devono affidarsi ai notiziari 24h/24. E dopotutto anche i due personaggi principali sono europei… Eppure il regista non cade nella trappola della “cartolina” e rappresenta con efficacia la multiculturalità della capitale israeliana mediante l’uso di molte lingue (ebraico, arabo, francese, italiano, inglese) non appiattite dal doppiaggio che sarebbe risultato francamente straniante. La Storia che si amalgama con le storie private è testimoniata da numerosi dettagli: le assurdità nell’assegnazione dei kit d’emergenza, le maschere antigas “in offerta” vendute al mercato, il rumore assordante delle sirene a qualsiasi ora del giorno, i quartieri deserti… E qui è necessario soffermarsi sul difetto principale, non trascurabile in una pellicola del genere: nonostante tutto, e ad eccezione dei genitori di Luisa, non si discute quasi mai del conflitto, non ci sono confronti o dibattiti. Eppure Tamar dice che “fuori la gente è sovraeccitata e non parla altro che della guerra”. L’unica parentesi, peraltro breve, è la lezione di storia a cui partecipano le ragazze. In questo senso, la scelta universitaria della protagonista poteva e doveva essere sfruttata meglio. Se da un lato il rischio didascalismo viene così evitato, dall’altro questa mancanza, complice anche uno script senza particolari picchi, non permette al film di raggiungere, ad es., “Il giardino di limoni” (2008) di E. Riklis.
Non tutti i personaggi sono sviscerati in profondità, ma grazie alle buone prove degli interpreti (fra cui spiccano la nostra J. Trinca, H. Laszlo, M. Boujenah), il risultato complessivo è discreto. Tra le figure secondarie, merita una menzione il tassista, con la sua analisi appassionata delle guerre di ieri e di oggi.
Rimangono impresse in ogni caso alcune sequenze molto belle (la passione che filtra anche “attraverso” le maschere; la madre di Tamar in viaggio su autostrade deserte per raggiungere la figlia, il finale “liberatorio” a Tel Aviv…) e la lodevole scelta del regista, non solo con la presente opera, di scandagliare la Storia recente, aprendo la porta di casa nostra per poter volgere lo sguardo verso altre caselle dello scacchiere mondiale, più o meno limitrofe, di cui, in una realtà sempre più globale, non possiamo disinteressarci. Tematiche sulle quali il cinema italiano è ancora troppo poco coraggioso.
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