Regia di Stéphane Robelin vedi scheda film
Sarà che l’età media della popolazione continua ad alzarsi, soprattutto nel Vecchio Continente, fatto sta che il cinema guarda sempre più spesso in quella che si usa definire “terza età” (che oggi vede ancora tanti “giovanotti” in forma, mentalmente e fisicamente).
Questo titolo di Stephane Robelin è un bel modo per entrare, e farci entrare (per chi ha meno anni), a contatto con questo mondo.
All’interno di un felice gruppetto di amici ultra settantenni, quando Claude (Claude Rich) è ormai destinato a finire in una casa di riposo, viene presa la decisione di condividere la stessa casa per aiutarsi vicendevolmente e condividere il proprio tempo.
Ma stare insieme sempre e comunque non è la stessa cosa, emergono problematiche tipiche delle più semplici convivenze, in più vengono alla luce segreti celati da lungo tempo e che potrebbero minare alcuni dei rapporti in essere.
Film segnato da un profilo leggero e delicato, il miglior approccio per incorniciare un arco completo di quello che è la vita ad ogni età, tra piccole gioie ed acciacchi oltre che l’inevitabile dolore che ovviamente in questo panorama si fa più prossimo, quasi inevitabile, ma l’importante è guardare sempre avanti senza (mai) scordarsi dei ricordi.
Stephane Robelin trova tempo e spazio un po’ per tutto, dallo sguardo disattento dei figli, ad una visione d’insieme un po’ utopistica se vogliamo, ma piacevole ed in un certo senso anche di rottura, con gli scherzi della memoria (commovente un diario che diventa vero depositario della quotidianità), con anche alcuni accenni politici proposti in salsa umoristica come la visione di sinistra alla bisogna (sempre pertinente visti i tempi).
Decisamente valido il cast, all’interno del quale i protagonisti si spalleggiano sia sulle note da commedia che nei momenti più aspri, un pregevole lavoro d’insieme nel quale svettano la bellezza senza tempo di Jane Fonda, la compostezza di Geraldine Chaplin e gli umori di Claude Rich e Guy Bedos, oltre allo spazio che trova anche “l’intruso” Daniel Bruhl.
Per chiudere, il finale è da stretta al cuore con l’aggiunta di un bellissimo approdo ad un cinema più alto (d’autore) con una scena degna di assoluta menzione.
Il modo più consono per elevarsi per una pellicola concettualmente immediata che sa far risaltare l’umanità e quei significati che tengono uniti i legami anche nella tempesta più turbolenta.
Aggraziato.
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