Regia di Philippe Falardeau vedi scheda film
Glaciale, come il clima del Canada in cui si svolge questo strano film.
La storia: una maestra di 5a elementare si impicca in classe, gli allievi la trovano e ovviamente ne sono traumatizzati. Le sole cose che gli adulti fanno per loro sono vietare a chiunque di parlarne, ritinteggiare l'aula (!) e mandare in classe una psicologa per un'oretta la settimana. L'unico che sembra intenzionato ad offrire aiuto è il supplente Monsieur Bachir Lazhar, un distinto signore algerino con alle spalle una vicenda tragica che, in attesa dello status di rifugiato politico e alla disperata ricerca di lavoro, si fa assumere con false referenze. Col suo carattere pacato, i suoi metodi didattici all'antica e robuste dosi di umanità e buon senso è l'unico che riesce davvero a comunicare coi bambini, a farli aprire, a farli piangere. Il loro rendimento scolastico migliora notevolmente, diminuiscono aggressività e incubi notturni, ma alla fine la falsa dichiarazione viene scoperta e Monsieur Lahzar, pur avendo ricevuto l'agognato status, viene bruscamente licenziato: l'equilibrio solo precariamente raggiunto sia dall'insegnante che dagli allievi potrebbe nuovamente spezzarsi.
Un film strano, dicevo: benissimo interpretato dal protagonista Mohamed Fellag, attore teatrale algerino solo di recente prestato al cinema, e da tutti i bambini. E' drammatica la storia che riguarda la classe, coinvolta suo malgrado nell'orribile morte di un'amatissima insegnate, e quella di ognuno dei bambini, molti di loro problematici, circondati da genitori single, o spesso assenti o insopportabilmente opprimenti e da insegnanti molto occupati dal programma e dalla burocrazia, a cui la preside dice: siete insegnanti, non è vostro compito educarli. Ancor più terribile il passato dell'insegnante, sfuggito a persecuzioni e torture da un'Algeria a tutt'oggi non ancora pacificata.
Come nel recente DETACHMENT viene poi accennato il tema delle possibili molestie di insegnanti verso gli allievi: nel film di Tony Kaye la bigotta professoressa Christina Hendricks denunciava l'incolpevole collega Adrien Brody, sorpreso ad abbracciare in tutta innocenza un'allieva in lacrime per consolarla, e anche qui si assiste ad un isterico inno al “vietato toccare”. Si va dall'aneddoto tragicomico raccontato dall'insegnante di ginnastica (“Mio figlio è tornato dal campeggio con ustioni di 2° grado sulla schiena perché agli assistenti era vietato spalmargli la crema protettiva”) al divieto assoluto non solo di dare uno scappellotto a ragazzini particolarmente indisciplinati (e qui sono d'accordo), ma anche di accarezzare i capelli, coccolare in qualsiasi modo bambini che stanno cercando di affrontare una tragedia tanto più grande di loro - e il pur distaccato Monsieur Lazhar, da buon padre mediterraneo, fa fatica a capirlo e palesemente ne soffre. In un mondo in cui le dodicenni vengono vestite e truccate come adulte in nome della moda, in cui gli atteggiamenti di maschi e femmine sono sempre più fortemente e precocemente sessuati, poi si rifiuta con ribrezzo ogni segno di affettività, anche la più innocente, nel segno di una male interpretata e sicuramente comoda correttezza di facciata.
Nonostante tutto alla fine rimane appiccicato addosso uno strano senso di disagio, una freddezza appunto, un'incapacità di emozionare davvero lo spettatore. Certo è un film in cui le storie e la Storia si amalgamano; dove uno straniero che cerca di inserirsi in un mondo che gli è alieno si scontra con algidi muri di incomunicabilità; in cui negli occhi degli adulti e sotto atteggiamenti violenti o anche solo aggressivi dei bambini si intravvedono situazioni familiari e psicologiche pesantissime. Ma appunto si intravvedono, i fatti sono solo suggeriti e mai approfonditi, lasciando allo spettatore tutto l'onere della comprensione e della riflessione.
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