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Il mio domani

Regia di Marina Spada vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Il mio domani

di alan smithee
8 stelle

SACRIFICIO
CAMBIAMENTO
CONDIVISIONE
Questi sono i punti cardine che Monica, manager che si occupa di formazione aziendale, cerca di instillare nella mente e nelle attitudini del personale di un grande gruppo in corso di ristrutturazione; Monica è una donna motivata, decisa, che crede in quello che insegna e lo si vede da come si impegna nel comunicare la nuova politica di cambiamento ai suoi corsisti. La sua vita privata invece la vede dividersi tra la grigia solitudine di un appartamento moderno in un palazzone dalle geometrie essenziali e rettilinee, la vecchia abitazione di campagna del padre anziano, solo e religiosissimo, una storia sentimentale con il suo principale che la tratta come valvola di sfogo da sfruttare nei momenti propizi e lasciare in balia di un vuoto interiore che la devasta negli altri momenti, e un corso di fotografia che riesce a darle quel minimo di tepore che i rapporti umani non le garantiscono più. 
Quando anche il padre improvvisamente viene a mancare, a Monica non resta che raccogliere i pezzi di una infanzia dolorosa vissuta con un genitore bigotto e rancoroso, senza una madre che l'ha abbandonata in cerca di una fortuna che poi in realtà le è sempre stata lontana. Accortasi che anche sul lavoro la donna non è che una pedina utilizzata per addolcire una pillola amarissima a carico di molti lavoratori che stanno per essere fatti fuori con stile ed eleganza, Monica tenta trovare nell'affetto verso il nipote quindicenne (figlio della sorellastra con cui non riesce ad andare per nulla d'accordo) quel senso di appartenenza e quella umanità e senso materno che le sono sempre stati negati dalla vita, dalle circostanze oggettive, e dal ruolo che si è cucita addosso in campo lavorativo. Fino al momento in cui capisce che è giunto il momento di cambiare, di abbandonare questo suo ruolo e tornare a fare qualcosa di più semplice e spontaneo,. "Lei è troppo intelligente per non capire che il suo lavoro consiste nel dare una spruzzata di Chanel per coprire la puzza di merda che stagna tutt'attorno": queste sono le parole (sacrosante) che la fanno crollare. Marina Spada, al terzo film dopo l'esordio folgorante di "Come l'ombra" torna con un film ancora più ambizioso e complesso, che parla di crisi interiori, di famiglie divise da antichi dissapori inconciliabili, di solitudini di vite vissute nell'isolamento in condomini moderni e sinuosi che rendono esplicita la freddezza che caratterizza le loro strutture accattivanti e rigorose. Ma anche di una società prepotente e rozza che ti fagocita in un sistema tentacolare che ti usa e ti getta via all'improvviso; di una classe manageriale storta e corrotta, avida e ingorda come un rettile micidiale; una categoria che non riesce a dire basta e si arricchisce sulle spalle degli umili che poi si ritrovano per strada nell'indigenza; una casta che poi, assieme a quella politica, corrotta  e insaziabile pure lei, e agli evasori fiscali e ai furbetti che vivono sulle spalle degli altri, sono uno dei tasselli che ha ridotto il nostro paese alla fame e alla rovina. Un cinema alla Antonioni che non è facile da gestire, portare avanti, sviluppare senza cadere nel didascalico o nel ridondante. Tuttavia una scommessa vinta proprio perchè coraggiosissima e condotta con rigore e licidità quasi sfrontata ed imbarazzante; alla riuscita inolte contribuisce in gran parte la scelta azzeccatissima di una interprete ispirata e credibile come Claudia Gerini, che con quest'opera mi dà motivo di ammirarla sempre di più e di considerarla una volta di più una delle migliori attrici italiane attualmente in attività.

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