Regia di Nadav Lapid vedi scheda film
spoiler pesanti solo dopo la riga divisoria
Lo vedi già nella prima scena (un perfetto e quasi inedito camera-bike) che lui è solo davanti a tutti, lui che vuole mostrarsi il più bello, il più atletico, il migliore. E poi quell'urlare alla valle il proprio amore per Israele.
C'è un pò tutto là, e sono passati solo due minuti.
E poi ancora le flessioni vicino alla moglie incinta, quelle nell'ascensore, i saluti da macho al party, le prove (con il figlio di un'altra) davanti allo specchio per immaginarsi come starà con i suoi muscoli e con il figlio che verrà, i commenti su "culi ingrossati" di ragazze invece perfettamente in forma.
Un uomo innamorato di sè, del proprio fisico, della propria immagine, del suo ruolo di poliziotto speciale d'assalto e del proprio paese.
Dall'altra parte c'è lei, una ragazza che di israeliano non sembra aver nulla, con quel volto bianco e quei capelli biondi, una nordica nel paese più caldo del mondo, quello dei conflitti, quello delle contraddizioni, quello delle rivendicazioni. Lei sembra credere nella lotta che vuol portare avanti, scrive i discorsi, si vanta in discoteca, ha lo sguardo fermo di chi ha un obbiettivo, di chi nemmeno può avere il lusso di innamorarsi perchè ci sono cose più importanti, adesso.
Eppure tu li vedi tutti d'un pezzo, il bel poliziotto vanesio e violento e la bella rivoluzionaria dai principi comunisti, li vedi tutti d'un pezzo ma in realtà ne percepisci l'ipocrisia. Che il primo è stato autore, in passato, di un piccolo massacro di civili, un massacro in cui erano in 5 ma solo uno prenderà la colpa, quello malato di un cancro incurabile. E lui l'accompagna all'ospedale, gli sta sempre vicino quando invece lo vedi da lontano che non glie ne frega nulla, quel suo collega è ormai solo un capro espiatorio morente. E lo vedi massaggiare i glutei della moglie per prepararla al parto ma fare comunque il piacione con le ragazzine.
Poliziotto perfetto, uomo perfetto, amico perfetto, marito perfetto.
Ma solo nell'apparenza delle cose.
E lei invece è la rivoluzionaria che odia i ricchi, odia gli speculatori, odia le differenze di classe di quest' Israele che sempre ha vissuto nell'odio riuscendo nell'incredibile impresa di essere odiato sia da quegli esseri che lo misero dentro campi di sterminio sia, poi, dalla maggior parte di quelli che lo liberarono o piansero per lui. La pensa così ma intanto vive in una ricca suite con televisorino per parlare con l'ingresso. Odia quella suite ma, come dice lei, "ci si sta bene".
Due ipocriti immaturi nel paese forse più ipocrita al mondo.
In qualche modo le due loro vicende dovranno incrociarsi...
Eppure, malgrado le magnifiche carte messe in tavola Policeman fatica a prenderti, a farti suo, a coinvolgerti. Un rarissimo film israeliano che non tratta la questione palestinese ma racconta di una lotta ancora più fratricida, tra lo stesso "popolo", non solo la stessa razza. E' tutto molto lento e anticinematografico sì, ma quelli che per me di solito sono soltanto pregi qua non lo sono fino in fondo. Non c'è l'inquietudine presente ad esempio nel nuovo cinema greco (al quale Policeman molto spesso per inquadrature, silenzi e pulizia si rifà) e non ci sono nemmeno spunti di riflessione così forti da giustificare questo stile. Si fa fatica in certi momenti, troppa. Ma vale la pena aspettare. Perchè i 10 minuti finali sono così belli e densi da meritare quasi una recensione a parte.
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Tutto Policeman è in questi 10 minuti, tutte le sue tematiche, tutti i suoi messaggi. Tutto deflagra, e non solo nei fatti, anche in quello che vogliono significare.
Ci sono 3 confronti.
Il primo è quello tra la giovane rivoluzionaria e la bellissima sposa. Un confronto/scontro tutto al femminile, intensissimo. Lei, la rivoluzionaria, accusa la sposa di essere solo un "prodotto", una moglie, un vestito, un'acconciatura, una donna che ha ruolo e immagini predefiniti. E la sposa le risponde invece che tutte le sue idee rivoluzionarie sono solo idee da ragazzina immatura, idee che la rovineranno e basta. E quando starà tutta la vita in prigione, brutta, sfatta e senza speranze sarà lei ad invidiare la sua vita, quella che ora insulta e combatte. Vivere di incerti e irrealizzabili ideali o costruirsi una bella vita di compromessi? Magnifico.
Poi c'è un altro confronto, ed è un doppio confronto, con la Morte e con il padre. Oded spara e uccide. Ma quello sparo non è per le ideologie per cui lottava, non è per un ideale portato avanti fino in fondo. Quello sparo è contro suo padre, contro chi voleva farlo desistere, contro colui al quale dover dimostrare di essere qualcuno, di essere più forte di lui. Anche il leader, il bellissimo rivoluzionario, carismatico sì ma anch'esso ragazzino immaturo, stava per cambiare idea. Ma Oded non sopportava che suo padre potesse "vincere", e per quello spara. E solo dopo, con la morte davanti agli occhi, capirà l'errore, capirà che ormai è finita, capirà che quello è stato un gesto impulsivo senza nessuna logica dietro. E il padre, malgrado tutto, l'abbraccia, in quella che è forse la scena più bella del film (e anche, mi pare, l'unica con colonna sonora).
Poi c'è l'ultimo confronto, quello del poliziotto e della ragazza morente. Gli occhi del poliziotto si bagnano, quegli occhi hanno davanti una scena di morte straziante mentre nella testa c'è il pensiero della vita nuova che sta per nascere.
Vita e morte.
Sono due occhi completamente diversi da quelli che abbiamo visto fino ad allora, sono due occhi che, forse per la prima volta, si stanno rendendo conto di qualcosa.
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