Regia di Nicolas Klotz, Elisabeth Perceval vedi scheda film
Da "Le cronache di Locarnia"
Se sulla carta Low life poteva avere qualche chance di sembrare interessante a qualche minuto dall'l'inizio si rivela nella sua più totale pretenziosità. Film realizzato da ben due registi (con poca capacità comunicativa tra di loro oltre che con il pubblico) che si sono dati manforte nell'indugiare inutilmente in una storia a dir poco sconclusionata.
Moralmente Low life vince l'Ernia di marmo, celebre premio metaforico assegnato da pubblico che si ritrova affetto da questa patologia dopo la visione.
Si bazzicano ambienti giovanili, pseudo universitari il cui unico impegno politico si esprime occupando appartamenti. Ovviamente ciò si evince dal catalogo ufficilae del festival in cui il film è presentato con la didascalia "L'amore ai tempi dello squat". Per quel che mi riguarda potevano anche pagare affitti da 1000 euro.
L'incipit è da crisi isterica... i giovani disadattati si esprimono in versi. Mi tramuto in un'attrice del cinema muto, mi metto le mani tra i capelli, la bocca distorta in una smorfia, gli occhi allucinati... Un urlo interiore mi dilania... nooooooo..... in versi non ce la posso fare!!!!
Ma la mattina, vista l'esperienza del panino stantio del giorno prima, ho saccheggiato una COOP locarnense e ho lo zaino pieno di prelibatezze: dolcetti al limone bio, fagottini di pera e cioccolato, crostata Linzertorte, cracker al sesamo e pure una pesca, che però non ce la siamo mai mangiata e credo che sia tornata coraggiosamente con noi a Roma.
Sfogo la mia disperazione sul cibo e in effetti il prelibato dolcetto al limone mi calma la crescente voglia di insultare, ogni volta che lo incrocio, Olivier Père, il suadente patron del festival.
Dicevo... studenti e appartamenti occupati, poi un poeta afghano.
E qui potrei chiudere il discorso... un poeta afghano... Un poeta afghano e clandestino. Si riesce ad immaginare qualcosa di più intrinsecamente palloso?
La bella del gruppo si innamora senza un vero perché e il suo capelluto lacché si rosica l'anima.
Quest'amore non porta da nessuna parte e si intreccia con le vicende di un gruppo di clandestini di colore che fanno fatture a danno dei poliziotti che cercano di rimpatriarli. Parole, parole, parole.... ciondolamenti, discorsi troncati a metà o forse ancora prima di iniziare, movimenti di camera che avrei potuto fare un set di presine bicolori all'uncinetto per le pentole. Il film sembra non finire mai, l'effetto dolcetto al limone comincia a svanire e rinasce la voglia di prendere i protagonista a schiaffi i a due a due fino a che non diventano dispari.
Alla fine, incomprensibilmente, applausi.
Scopriremmo poi che si applaude a tutto anche se si proiettasse il filmino delle vacanze a Milano Marittima della celebre casalinga di Voghera.
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