Regia di Marco Tullio Giordana vedi scheda film
Più Moro e PD che Pasolini e PCI.
Il cinema di Giordana nei film più riusciti è il miglior compromesso possibile tra il popolare e il civile, tra la chiarezza narrativa e la precisione dei fatti raccontati. Nel romanzo non c’è spazio per nulla che non sia la verità emersa dalle ricostruzioni di quella strage, anni violenti e difficili anche da raccontare quando si vuole evitare l’agiografia o la demonizzazione. Fare un film di due ore su una ferita ancora sanguinante come Piazza Fontana già non era semplice quindi il nostro pensa bene di metterci molto altro. Tutte le cose, i fatti e le persone che mette dentro meritavano una narrazione più lunga seriale o televisiva , come fatto per La meglio gioventù, per far capire a chi non sa e far capire meglio a chi sa ma vuole sapere altro. Il punto di vista del regista è quello delle tre vittime della strategia della tensione i quali o non accettano la verità di stato come Pinelli, o l’accettano per dovere politico come Moro, o per ordini superiori come Calabresi. Tre persone normali non certo eroi ma che si trovano di fronte dei cattivi sul serio, apparati deviati dello stato e terroristi che quando non vogliono colpire con le bombe altre persone vogliono fare casino, destabilizzare per stabilizzare come si diceva all’epoca. Giordana parte da Pasolini cercando di andare oltre di trovare una pacificazione, una composizione rispetto a quel periodo grigio, alla follia degli opposti estremismi contrappone il rispetto tra il commissario di polizia e l’anarchico e il compromesso dello statista democristiano. I martiri della ragione di stato da una parte e la violenza del sistema dall’altra. Il film appare più come un messaggio all’Italia di oggi che un bilancio dell’Italia di ieri. Opera ambiziosa ma che appare frenata nella sua necessità difficile di contenere tutte le figure grandi o piccole di questo nostro strano paese.
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