Regia di Marco Tullio Giordana vedi scheda film
Il film che Elio Petri avrebbe sempre voluto girare, ma che non riuscì a portare mai in scena fu qualcosa di simile a questo Romanzo di una strage; la differenza fondamentale che intercorre, però, fra il cinema di Petri e quello di Giordana sta tutta nel sottile filo ideologico che percorre l'opera del primo. Non che il secondo sia qualunquista o a-politico, attenzione: tutto ciò che c'è da sapere su piazza Fontana e omicidio Calabresi, in questo film, c'è. Le accuse agli anarchici, ma anche la loro presa di distanza nei confronti della strage; l'innocenza di Calabresi per la morte di Pinelli, ma anche il suo ruolo chiave nell'indagine; le infiltrazioni delle forze nell'ordine nei movimenti estremisti di destra e di sinistra, ma anche l'impotenza da parte della polizia dinanzi a quanto accadde; le morti, in definitiva, ma anche l'impossibilità di indicare dei sicuri reponsabili di esse. La critica non ha accolto in maniera particolarmente favorevole questa pellicola per il banalissimo motivo che sembra voler tenere 'il piede in due scarpe', come si suol dire; bene, ma cosa volevamo di più? Che Giordana (e il romanzo di Paolo Cucchiarelli da cui il regista e l'accoppiata Rulli/Petraglia traggono la sceneggiatura) ci rivelasse tutta la verità su piazza Fontana? Romanzo di una strage non è giornalismo, non è indagine investigativa: è, piuttosto, ricostruzione dei fatti e, da questo punto di vista, poche sbavature si possono imputare al lavoro di Giordana e dei suoi collaboratori; certo, la spettacolarità dei nomi inclusi nel cast tradisce una certa smania di botteghino che, a ben vedere, neppure è giustificabile più di tanto quando alcuni grossi nomi (Zingaretti, Antonutti) compaiono per una manciata di secondi e altri (Lo Cascio, Tirabassi) entrano ed escono rapidamente dal film senza lasciare grandi tracce di sè. Ma un paio di specchietti per le eventuali allodole non guastano, se il fine è diffondere un racconto civile di siffatta importanza: non si dimentichi la didascalia finale, che ammonisce laconica: "Per la giustizia italiana tutti questi casi sono chiusi". Il messaggio deve arrivare allo stomaco, e ci arriva nonostante la pregevole, educatissima (forse troppo, ecco) messa in scena, che può contare sull'indiscutibile apporto della fotografia di Roberto Forza, del montaggio di Francesca Calvelli (collaboratrice fissa di Bellocchio da ormai due decenni), delle musiche di Franco Piersanti. Per la cronaca, in ruoli più o meno incisivi si trovano, oltre ovviamente all'ineccepibile duo di protagonisti Mastandrea-Favino: Laura Chiatti, Fabrizio Gifuni, Giorgio Colangeli, Francesco Salvi, Michela Cescon ed Edoardo Natoli. Infine, Petri realmente girò la sua versione dell'omicidio Pinelli (e non solo con il corto Tre ipotesi sulla morte di Giuseppe Pinelli), quando mise in scena un Calabresi trasfigurato nel protagonista di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970). 6,5/10.
RIcostruzione dei fatti intercorsi fra il dicembre 1969 (strage di piazza Fontana, a Milano) e il maggio 1972 (assassinio del commissario Calabresi).
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