Regia di Marco Tullio Giordana vedi scheda film
Sono le 4 del mattino e mentre nella mia stanzetta sto perdendo il mio match contro l'insonnia, cerco di riordinare i pensieri e gli stimoli ricevuti dalla visione di questo film. E si tratta di pensieri ingombranti, tanto da impedirmi di prendere sonno. Perchè questo film, dove il furore cova sotto una coltre di mestizia e di sbigottimento, è di quelli che ti sconquassano cuore e cervello. Se adesso dicessi che si tratta di un film "necessario" suonerebbe come una banalità assoluta quanto prevedibile, eppure è la cosa più vera che se ne può dire. Mentre sto scrivendo queste righe, le onde della radio mi trastullano con le musiche di Radio Popolare, un'altra di quelle realtà che non hanno mai smesso di vigilare sulla tenuta della democrazia nel nosto Paese, monitorandone la qualità e i cedimenti nel corso dei decenni (ad onor del vero, la radio che sto ascoltando è in realtà una delle emittenti del circuito di "Radiopop", la mia fedelissima Radio Città del Capo di Bologna, che peraltro in questi giorni ha dato spesso conto circa le reazioni e i numerosi commenti suscitati dal film in questione). Di fronte alla Storia dei Misteri d'Italia come si può reagire? Io posso parlare solo per me: con l'indignazione, la rabbia, la frustrazione inevitabile se collegata alla sensazione di impotenza. Le pagine dei giornali stanno ospitando, anche in queste ore, interventi, commenti e polemiche, spesso anche su toni aspri (vedi il confronto Sofri-Travaglio). E qui devo aprire una parentesi. Il film ha subìto attacchi e critiche da destra e da sinistra. Qualche sera fa, su Raiuno, ho assistito ad una sfuriata critica da parte della solita signora Anselma Dell'Olio, la quale quando "vede rosso" perde il lume della ragione e infatti s'è prodotta in una delle sue consuete filippiche anticomuniste contro i soliti radical-chic che cianciano da anni di trame e depistaggi. Tutte fantasie, secondo l'impareggiabile signora, create per ammazzare il tempo dai soliti sinistrosi da salotto. Dal versante opposto, si registrano due illustri pareri polemici. Innanzitutto l'aspra e ruvida recensione firmata su Repubblica da Curzio Maltese, il quale ha denunciato come scelta priva di coraggio quella di appoggiare la tesi cosiddetta della "doppia bomba", secondo cui l'attentato nacque dall'accavvallarsi di due diverse piste in un complesso intersecarsi di due piani, quello di matrice anarchica e quello ideato dai neofascisti veneti. Maltese in sostanza dice che quest'ultima ipotesi non ha riscontro alcuno nelle carte giudiziarie del processo, anche se a tutt'oggi può contare su una quota di sostenitori, benchè in netta minoranza. E poi, sempre da sinistra, c'è stato il dissenso espresso da Adriano Sofri, dissenso che -com'era prevedibile- ha rinverdito l'antica ruggine tra lo stesso Sofri e il suo storico "oppositore" Marco Travaglio. E qui, se mi è consentito espormi, mi schiero dalla parte di Travaglio, quando egli sostiene che colui che fu parte attiva della forsennata campagna d'odio contro il commissario Calabresi (campagna che si concluse come sappiamo) oggi forse non dovrebbe fare il maestro di morale e di politica (praticamente un opinionista tuttologo) dalle colonne fisse di almeno un paio di quotidiani. Per quanto mi riguarda, sarei decisamente portato a sposare la tesi più consolidata, quella supportata da Maltese, se non altro perchè la pista neofascista (con l'evidente copertura dei servizi segreti italiani e americani) è quella più sostenuta da prove documentali e da indagini giudiziarie. Tuttavia mi dissocio dallo stile utilizzato dal noto giornalista di Repubblica in quell'articolo. Egli, in sostanza, tradotto in soldoni, ha voluto dire: "Della qualità del film non discuto, ma esso è rovinato da una tesi di fondo assolutamente non condivisibile". Eh no, non ci siamo. Perchè questo film è talmente bello e appassionante che va amato o respinto in toto. E io l'ho non solo amato, ma proprio adorato. Giordana ha realizzato un gioiello di passione umana, morale e civile. Dominato da una tensione morale talmente vibrante che in certi momenti si fa quasi insostenibile, e posso portare la mia esperienza, di una adesione emotiva che si è trasformata ben presto in groppo alla gola. Ma anche intorno a me, in sala, la partecipazione del pubblico era palpabile e non volava una mosca. A tal proposito, devo avanzare una sola perplessità. Ho visto il film due volte, in due sale diverse, e in entrambe le occasioni il pubblico, benchè numeroso e -come detto- partecipe, era composto unicamente da adulti e specialmente anziani. Il mio dubbio (anzi il mio timore che mi auguro verrà smentito) è che la materia del film tenda a non interessare ai giovani. Ma tornando alle dispute polemiche, ai pro e ai contro, ci tengo a segnalare un bellissimo intervento in favore di Giordana da parte della cara Benedetta Tobagi. Quello che mi preme dire è che, comunque la si pensi sulle possibili piste e relativa credibilità, su un dato di fatto non ci dovrebbero essere dubbi di sorta: cioè che Giordana è riuscito in pieno ad evidenziare il verminaio inaudito che ha allignato per un certo periodo della nostra storia anche all'interno di corpi dello stato...un nido di vipere che nascondeva un ributtante cinismo a guidare le scelte di generali dell'esercito, uomini chiave dei servizi segreti, papaveri della polizia, prefetti. Depistaggi come se piovesse, vergognose coperture, addirittura omicidi su commissione ispirati da altissime cariche (leggi i famosi "Affari Riservati"). Un autentico schifo. Anzi, se mi è permesso "liberarmi" attraverso l'invettiva, una vera Merda. E lo dico senza retorica, in un accesso di sincera indignazione, rivolgendo il mio pensiero alle famiglie di chi ha pagato con la vita le trame stragiste manovrate e coperte schifosamente da apparati deviati dello Stato, ma anche ai parenti di chi cadde vittima di forsennate campagne d'odio e del clima esplosivo che si era venuto a creare su "ispirazione" dei succitati "uomini ombra" che muovevano le fila di un Teatrino di Politica e di Morte. Questo filone di ambiguità nel film è evidentissimo, tanto quasi da stordire lo spettatore, il quale si perde in questa girandola di infiltrati, spie e doppiogiochisti. Nel film infatti si muovono personaggi talmente ambigui che quasi si fatica a comprenderne le mosse, soprattutto tra gli anarchici, movimento che evidentemente fu troppo ingenuo e generoso nell'accogliere nuovi affiliati, spesso agenti di polizia e neofascisti maldestramente mascherati da macchiette anarco libertarie. Il mio pensiero va dunque alle famiglie di Calabresi e di Pinelli, alle quali invio idealmente tutta la mia affettuosa solidarietà. Pinelli ("il" Pinelli...), lo dicono i riscontri e le testimonianze, era come lo si dipinge nel film, un uomo buono e generoso, una gran bella persona, e mi commuovo ogni volta che appaiono in tv le sue due figlie così dignitose nel loro dolore, e così gratificate dal tributo di stima offerto loro -in sede ufficiale- dal Presidente Napolitano. Allo stesso modo, mi sento vicino al figlio del commissario Calabresi, anche lui coinvolto in un dramma personale che non conoscerà mai, forse, una definitiva pacificazione. Se sul ruolo di Pinelli e sulla sua caratterizzazione umana non ci sono dubbi, su Calabresi il discorso è più complesso. Non manca chi insiste ad evidenziarne il lato di investigatore spesso spietato quando non addirittura mosso da un desiderio di prevaricazione nei confronti degli anarchici che egli perseguiva con criteri talvolta discutibili. Ma su di lui lo sguardo di Giordana è più interessante. Il Calabresi di Giordana è un servitore dello Stato che -troppo tardi- realizza di essere caduto in una trappola micidiale. Egli dunque comprende che la devastante campagna di rancore contro la sua persona, coltivata in particolare da Lotta Continua e da "simpatici intellettuali" come Adriano Sofri, in realtà viene alimentata anche da Uomini dello Stato, nascosti nelle loro "segrete stanze", rigorosamente romane. La formuletta "Calabresi addestrato in America da personale della CIA" era una balla colossale che fu preparata ad arte da potenti papaveri romani dell'ufficio "Affari Riservati". E proprio a questo proposito non si può non segnalare uno dei passaggi più importanti del film: un dialogo "immaginato" da Calabresi nel dormiveglia, in cui lui si trova faccia a faccia col capo dell'Ufficio Affari Riservati. Si tratta di un dialogo condotto su toni pacati ma dal contenuto devastante. In quei pochi minuti Giordana riesce magistralmente ad istillare nello spettatore una montagna di dubbi e di indignazione sul "cuore nero" (nerissimo) che si celava dietro il paravento di una cinica e blindatissima "ragion di stato". Il regista è riuscito nel suo intento anche perchè ha potuto contare su un cast davvero stellare, composto da un parco attori d'eccellenza, che gareggiano in bravura, dai protagonisti ai comprimari e ai caratteristi, proprio tutti. Su Pierfrancesco Favino non ho più dubbi: mi spiace per Servillo, ma è lui (ad oggi) il più titolato ad occupare la posizione di successore ideale di Gian Maria Volontè. Valerio Mastandrea è qui nel suo ruolo più difficile e deve esser fiero di avere vinto una scommessa (lui che era partito come "opinionista fancazzista" di Costanzo, ne ha fatta da allora di strada). E poi tutti gli altri. Lo Cascio, Gifuni, Michela Cescon, Thomas Trabacchi, Antonutti, Tirabassi, Denis Fasolo, Giorgio Marchesi, Giovanni Visentin e tantissimi altri. Troppi per nominarli tutti, ma mi piace segnalare due nomi con particolare evidenza: Sergio Solli, straordinario caratterista napoletano, istrionico all'inverosimile, qui nel ruolo del questore Guida...e poi quel galantuomo di Giorgio Colangeli, che troviamo nella parte più inquietante di tutto il film, quel Federico Umberto d'Amato la cui cinica determinazione e la cui fredda capacità di organizzazione vengono rese dall'attore romano con un talento impagabile. Un film che TUTTI dovrebbero vedere. Se non altro per capire in che Paese viviamo. O meglio, per capire da dove viene questo Paese, da quali stagioni e da quali esperienze. Con l'augurio che la sua "Anima Nera" sia stata debellata. Amarezza, rabbia, consapevolezza. Finalmente il cinema italiano è utile, serve a qualcosa. Il mio auspicio è che ora qualche Preside richieda che il film venga proiettato nelle scuole. A proposito di "cinema utile".
Voto: 10
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