Regia di Marco Tullio Giordana vedi scheda film
Un romanzo certo, di fanta-politica mista a noir, verrebbe da pensare se non si fosse italiani, se non si fosse vissuto (seppur bambini nel mio caso) nel decennio piu' cupo dell'Italia del dopoguerra, in un paese diviso da una maggioranza che viveva nel terrore di una minaccia comunista, da una sostanziosa minoranza che votava e credeva nelle belle utopie comuniste, e poi da frange o schegge impazzite di neonazisti ed anarchici che complottavano per seminare terrore ed addossare sui rivali (soprattutto i primi sugli anarchici) le responsabilita' degli attentati dimostrativi che insanguinavano il Paese.
Con la spaventosa strage nella sede della Banca dell'Agricoltura in Milano inizia il periodo del terrore che apre le porte al decennio piu' violento dell'Italia, segnato da attentati, brigate rosse, criminalita' organizzata e loschi mandanti che fanno nascere fumose teorie di complotti tramati gia' all'interno dei poteri dello Stato, ipotesi anche fantasiose ma neanche poi tanto, visto che spesso i veri mandati o addirittura i colpevoli rimangono completamente impuniti.
Il grande regista Marco Tullio Giordana, abile narratore degli episodi piu' drammatici delle varie epoche della nostra storia moderna, scompone, come e' sua abitudine, il racconto in capitoli che narrano con realismo apprezzabile e la solita precisa ed impeccabile ambientazione, tutto l'intreccio di quei dolorosi anni, dai singoli episodi di chi ha vissuto in prima persona quei drammatici momenti, ai massimi vertici delle istituzioni che hanno in qualche modo dovuto traghettare il paese al di fuori di quella guerriglia sanguinosa, spietata e vigliacca. Da una parte le indagini del commissario Calabresi, i suoi confronti accesi ma leali con l'anarchico Pinelli, che gli muore quasi davanti in circostante mai troppo chiare ne' chiarite, dall'altra i colloqui di un Aldo Moro profondamente preoccupato per una scia di violenza inarrestabile, con un energico presidente Saragat. Un cast che racchiude tutto il meglio degli interpreti nostrani (Mastandrea e Favino, Antonutti e Gifuni per citare solo i ruoli principali) aiuta in modo fondamentale il film a toccare i livelli molto alti delle opere migliori di un grande, sensibile regista come Giordana, così proteso a restare sui fatti, sulla cronaca, sulla storia sempre così tormentata di un Paese che comunque non si arrende, nonostante il trascorrere dei decenni, delle crisi prima derivanti da conflitti, poi politiche, quindi sociali, fino ad arrivare a quelle economiche così strettamente attuali.
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