Regia di Stefano Obino vedi scheda film
Anche le vie del cinema - com'è stato detto più volte - sono lastricate di buone intenzioni. Ma, com'è altrettanto noto, le sole buone intenzioni non bastano a condurre in paradiso. E questo è esattamente il caso: la lodevole esigenza di denunciare la situazione di precariato lavorativo (che poi si traduce anche in un precariato esistenziale) si risolve in un film amatoriale, sfilacciato, inconcludente, manicheo e noioso. Il film è di livello amatoriale dalla sceneggiatura fino alla recitazione, passando per tutto quello che ci sta nel mezzo. I datori di lavoro sono tutti odiosi ed insopportabili, mentre i ragazzi sono tutti colti e capacissimi, e se non rendono al meglio è solo perché vengono troppo sfruttati. Ha torto il ministro Brunetta a definire i precari la parte peggiore dell'Italia (e non ha torto soltanto su questo...), ma avrebbe buon gioco a definire quest'operina la parte peggiore del (non eccelso) giovane cinema italiano.
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