Regia di Woody Allen vedi scheda film
Ultimo film di Woody Allen; ultimo in senso di peggiore. Dopo quelli effettuati a Londra, Barcellona e Parigi, il regista di “Manhattan” stavolta omaggia Roma, ambientandovi un film corale, degno dei Vanzina vecchio stile. Lo spettatore medio boccia il progetto dopo un quarto d’ora; il fan di Allen attende, fiducioso, un colpo di scena che non arriva; tutti, nessuno escluso, rimangono delusi per un prodotto che non sa, e forse non deve, comunicare nulla.
Il geniale titolo, che parafrasa il classico messaggio da cartolina, è l’unica cosa positiva di tutto il discorso: dimostra in 4 parole l’amore di Allen per l’Italia e la sua cultura. A differenza del precedente “Midnight in Paris”, Allen non ambienta le vicende attraverso coordinate spazio-temporali a metà tra onirico e nostalgico, bensì ambienta hic et nunc le peculiarità italiane universalmente riconosciute, esulando dall’idiozia italiota post-berlusconistica, ma rimanendo ancorata alle beltà di cui il nostro paese è (o era?) simbolo: per cui si ammirano le rovine della civiltà romana come sfondo di un amore tra adolescenti, l’arte (in questo caso canora) insita nel DNA dell’italiano qualunque, il regista fascinoso che concupisce la ragazza di provincia, ma anche la vanesia e schizofrenica macchina della celebrità (che crea miti più velocemente di quanto impieghi a distruggerli).
Inevitabile caterva di attori e figuranti italiani (da Benigni a Gennaro Esposito, da Scamarcio ad Antonio Albanese) a corredo di un cast a stelle e strisce capitanato dallo stesso Woody Allen e da Alec Baldwin. L’amore per il Belpaese e la sostanziale negazione del ricorso ai più ovvi luoghi comuni (non si vedono né pizze, né mandolini, né baffi neri) sono l’unica cosa a salvarsi di un progetto tremendamente farlocco e indegno della firma di Woody Allen.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta