Regia di Woody Allen vedi scheda film
E allora? La prima cosa che suscita l’ultimo film di Woody Allen è insoddisfazione. Sembra che le storie raccontate, così come improvvisamente cominciano, improvvisamente finiscono, senza ben capire il perché di tutto quello che si è intromesso tra la fine e l’inizio. Le storie comuni, che rendono distinguibili i film di Allen, sono, in questa sua ultima “fatica”, troppo comuni da risultare banali. Si ha l’impressione di trovarsi in una cartolina animata dove Roma è protagonista e i protagonisti, con le loro storie, sembrano ospiti non graditi, dissociati da una rappresentazione che, più che un omaggio alla città eterna, sembra un documentario frettoloso che finisce per essere incompleto (vero è che le meraviglie di Roma sono davvero troppe da raccontare ma, questo film, davvero gli rende onore?). Oltre tutta questa delusione restano solo poche gioie e qualche(?) dolore.Le gioie sono: la simpatia e il brio di Roberto Benigni che sembra sempre nel ruolo tanto da chiedersi se sono bravi i registi a collocarlo nei panni giusti o se è lui che sa indossarli sempre nel modo corretto, la classe e la bravura di Penelope Cruz che ha espressamente chiesto al regista di recitare in italiano (se non è un omaggio questo!), l’essenza di Woody Allen che come attore rende sempre (troppo) meglio che da regista (almeno in questo film) il cui doppiaggio, affidato al bravissimo Leo Gullotta, non fa rimpiangere il compianto Oreste Lionello e poi c’è gioia nell’orgoglio nazionale che si legge negli occhi di Alessandra Mastronardi, incantevole nella sua semplicità e coinvolgente con la sua intensa recitazione (rinchiusa in ruolo poco rilevante). I dolori sono forse troppi da elencare, qualcuno è già venuto fuori “recensione facendo”, le pecche del regista e degli autori sono: quel troppo piccolo scorcio di Colosseo, e quella carrellata a circa dieci minuti dal film? Non è troppo veloce? Dov’è Roma di notte? E i suoi colori? Sono davvero solo quelli? Dov’è finito l’amore che Woody professa per la nostra città? Vedendo questo film e paragonandolo a “Midnight in Paris” non si hanno dubbi su quale sia, davvero, la sua città preferita. E che senso ha Alec Baldwin? E Scamarcio? Era proprio necessaria la figura del ladro? E la storia di Benigni? Da dove prende piede? Che c’entra con tutto il resto? Se tre (non per niente si dice sia il numero perfetto!) dei quattro episodi funzionano, perché inserirne un quarto che non ha ne capo ne coda? Non poteva, quel personaggio, essere collocato in uno di quei due “funzionanti”? Cos’è un omaggio alla Roma del “La dolce vita”? con i paparazzi, le dive e tutto il resto? Beh, se è così, poteva venire meglio, molto meglio. Mi spiace per Woody ma se questa è la sua visione della città eterna, c’è bisogno che qualcuno gli dica che si sbaglia di grosso. Qualche piccolo merito però glielo concedo: il tricolore che compare nel film all’inizio (un cartellone appeso alle pareti del Quirinale) e in una scena (il casco ai piedi di un ragazzo su una vespa rossa), mi sembra davvero un omaggio al nostro bel paese (anche se mi sorge il dubbio che sia solo casuale) e “Nel blu dipinto di blu” all’inizio così come alla fine. Almeno, se non è stato in grado di rappresentarci con le immagini, lon ha fatto in modo supremo mediante la nostra musica che accompagna ogni singolo frammento di questo film troppo poco riuscito. Peccato.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta