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Gang Story

Regia di Olivier Marchal vedi scheda film

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La recensione su Gang Story

di supadany
6 stelle

Quando dirigi un film dopo due titoli come “36, quai des Orfévres” (2004) e “L’ultima missione” (2008), hai tutti gli occhi puntati addosso, deludere le aspettative diventa facile (anche se poi qui da noi è uscito solo in home video) e non credo di dire nulla di particolare se affermo che questa quarta direzione di Olivier Marchal sia anche la sua meno riuscita.

L’autore cerca un più ampio respiro che però diviene anche il maggior limite della sua opera.

Edmond Vidal (Gerard Lanvin) è ormai anziano ed ha cambiato vita, ma in casi come il suo il passato torna sempre a bussare e per lui ciò accade quando il suo amico Serge (Tcheky Karyo) viene arrestato.

Per lui, ed i suoi complici di un tempo, è obbligatorio cercare di liberarlo, ma questo rimette tutti in gioco, tra la polizia che torna a braccarlo e nuovi criminali senza scrupoli.

Scoprirà anche che in passato non tutto andò come aveva sempre creduto.

 

 

Più che nei titoli precedenti, Olivier Marchal abbraccia l’ampio racconto, con un presente che ha ancore nel passato che viene rivissuto tramite, necessari per la storia, flashback.

Nella rivissuta genesi della Banda dei Lionesi, che il titolo originale giustamente richiama, ritroviamo il classico “romanzo criminale”, diciamo che la storia avrebbe necessitato di altre tempistiche , tutto appare assorbito velocemente, che poi è anche un fattore proprio del genere, ma in questo caso realmente sembra più consono ad un racconto diluito nel tempo (serial) piuttosto che ad un film indipendente, e nemmeno troppo lungo, fatto e finito.

Dopo di che ci si ritrova dentro tutto quanto ci si aspetta, tra scheletri nascosti nell’armadio, violenza inaudita (ed anche improvvisa), grandi prove da affrontare, ma manca il salto di qualità anche nelle piccole cose, poche sequenze si ricordano per la loro particolarità (penso in tal senso alle uccisioni per annegamento ad esempio).

E’ proprio il racconto a faticare, fin troppo spedito per quanto perspicace, raramente capace di accrescersi nelle scene chiave come invece Olivier Marchal aveva saputo fare in passato.

Aggiungiamoci il fatto che Gerard Lanvin non è un incapace, ma nemmeno lontanamente comparabile a Daniel Auteuil e Gerard Depardieu giusto per citare i precedenti “cavalli da battaglia” del regista.

Così che “Les Lyonnais” è un film che si beve tutto d’un fiato, ma che poi in fondo rilascia meno endorfina di quanto si potesse auspicare.

Con un pizzico di delusione, si lascia comunque senza dubbio vedere. 

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