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Eva

Regia di Kike Maíllo vedi scheda film

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La recensione su Eva

di Kurtisonic
7 stelle

“Cosa vedi quando chiudi gli occhi?”

Un esordio di rilievo, quello del regista spagnolo Kike Maillo con il dramma fantascientifico Eva, il quale compiendo una scelta così mirata su di un genere, occulta  quei segni su origine, provenienza, storia personale, che solitamente rappresentano quegli elementi imprescindibili di ogni opera prima, nel quale converge un’urgenza narrativa ed espressiva coltivata lungo gli anni . Eva invece possiede già il respiro dell’internazionalità (malignamente potremmo vederlo già impostato per un mercato più vasto e globale) tuttavia si dimostra un lavoro non solo maturo per un neo regista ma un lavoro piuttosto robusto e assai ben costruito. Ambientato nel 2041, Alex un irrequieto ingegnere cibernetico, torna al suo paese per riprendere a lavorare su di un progetto abbandonato tempo prima, la costruzione di un robot bambino in grado di mantenere e di sviluppare una personalità emotiva in maniera autonoma. Questa caratteristica lo differenzierà da  altri robot già  in opera ma programmati per una funzione più standardizzata. Alex ritroverà il fratello che ha sposato Lana, la sua vecchia fiamma  (anche loro fanno lo stesso lavoro di Alex), e dovrà scegliere un bambino col quale parametrare il cervello del robot. La sua attenzione cadrà su Eva, la figlia di Lana con la quale svilupperà un intenso e difficile rapporto relazionale. Il lavoro di Maillo equilibra i classici elementi sci-fi del cinema di massa con uno sguardo e un’attenzione maggiore verso non tanto l’elemento spettacolare ad effetto, ma come nella tradizione del cinema europeo riesce a mettere al centro della vicenda le contraddizioni, i dubbi, l’interiorità di Alex, riuscendo a parlare nel futuro di memoria, di ricordi, di un passato dal quale anche se ci si può sottrarre è la parte costituente più solida dell’essere umano. Il passato è anche lo straordinario patrimonio culturale e scientifico dell’umanità, e Alex ne raccoglie nella sua micro dimensione personale, tutta la sensibilità. L’introspezione di Alex si divide in almeno tre direzioni, nella prima affiora il suo sentimento non del tutto risolto verso Lana, poi c’è il rapporto  con l’automa e il suo lavoro , infine la relazione con Eva come se si trattasse di una paternità aggiuntiva. La capacità rilevante del regista è di lasciar sconfinare una traccia dentro l’altra, mantenendole sempre presenti in modo che le diverse sensibilità degli spettatori vengano appagate da una storia imprevedibile ma fortemente arricchita da un sottotesto che lo porta a riflettere. Paradossalmente è il personaggio di Eva quello più discutibile e pericoloso, alcuni aspetti simbolici che la riguardano a volte sembrano un pò troppo forzati , ma come s’intuisce nulla avviene per caso..  La crisi interna di Alex rappresenta la crescita degli interrogativi che lo riguardano, la creazione di una nuova vita, di una nuova forma presuppone il superamento del passato e la sua rielaborazione. Capirà che non solo indietro non si torna, ma che quella vita che credeva  costituisse la sua identità è destinata a sfaldarsi, a perdersi impercettibilmente un pezzo dopo l’altro. Il regista fa buon uso della musica come strumento di completamento, in un caso più tradizionalmente dove Alex ed Eva pattinano sul ghiaccio e lo struggente brano di una folk singer catalana Marina Gallardo amplifica un po’ retoricamente una situazione densa di significati e di rimandi piuttosto evidenti sul rapporto uomo e bambina. In un’altra occasione,  invece, quando in un locale  Alex e Lana ballano insieme dopo tanto tempo sulle note di Space Oddity di Bowie, è il testo della canzone a spiegare quello che si oppone tra i due e che non potremmo intuire. In questo caso è la musica a porsi come strumento di realtà a scapito di ciò che le immagini mostrano.  In definitiva, la strategia narrativa di Eva è quella di riuscire a coniugare elementi di lettura immediata con una buona dose di mistero e di interesse insieme all’introspezione più profonda del protagonista. Non ultima  considerazione verso questa opera prima di cui si attende una necessaria successiva verifica  con un nuovo lungometraggio: emerge una sovrapposizione emotiva ad alta gradazione melodrammatica, e questo è forse il segnale più marcatamente vicino alla cinematografia spagnola moderna.

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