Regia di Kike Maíllo vedi scheda film
Favoletta sci-fi che combina le tematiche più classiche della bioetica al tempo dei robot con il dramma sentimentale in chiave familistica, grazie ad un immaginario retro-futuristico alla Hugo Cabret in cui la classica morale cara a Collodi incontra le frontiere dell'etica robotica care ad Asimov. Lacrimevole destino di burattini catalani.
Al ritorno nel piccolo paesino di montagna in cui è cresciuto e sede di un attivissimo centro universitario, il giovane e talentuoso Álex viene coinvolto in un avveniristico progetto nel campo della robotica ma anche nelle vicende familiari che aveva lasciato in sospeso. Impegnato nella progettazione di un piccolo androide cui infondere sentimenti umani, troverà un modello nella giovane e vivace nipotina Eva, figlia del fratello e di una sua ex collega di cui è ancora innamorato. Quello che lo aspetta però, sarà una scoperta sorprendente che muterà radicalmente il suo modo di concepire la natura umana e la sua responsabilità verso le creature positroniche che dovrebbero imitarla.
Attestato dell'ottimo stato di salute di un cinema catalano che riesce ad interpretare generi e soggetti apparentemente abusati secondo un gusto ed una originalità di stile non comuni, l'opera d'esordio del regista televisivo Kike Maíllo è una favoletta fantascientifica che combina le tematiche più classiche della bioetica al tempo dei robot con il dramma sentimentale in chiave familistica, prediligendo alla rutilante magniloquenza dei polpettoni distopici in compurter grafica le atmosfere dimesse di un tranquillo eremo alpestre, dove coltivare un nuovo umanesimo di creature inconsapevoli nel solco di una consolidata tradizione di relazioni ed incomprensioni tra creature umane in carne ed ossa.
Quello che ne esce è un immaginario retro-futuristico alla Hugo Cabret, in cui la classica morale cara a Collodi incontra le frontiere dell'etica robotica care ad Asimov, risolvendo la questione con una parolina magica dalle 'Mille e una Notte' in grado di annichilire le pericolose derive eversive di un 'Modello Due' che, come i replicanti di Blade Runner, pretendano con rabbiosa frustrazione di aderire compiutamente al dualismo stevensoniano della natura umana che sono stati chiamati ad emulare. Se gli argomenti quindi non appaiano genuinamente originali, nè tantomeno affrontati con l'autoironia che di solito accompagna le omologhe produzioni d'oltreoceano, il film di Maíllo le cala in una dimensione familiare dove si confondano affetti contrastati e doveri dell'etica, proiettando la natura artificiosa di creature fatte ad immagine e somiglianza del loro creatore nell'incanto favolistico che da sempre accompagna l'età dell'innocenza ed avvicinadole sempre di più alla comprensione profonda dello smarrimento dell'uomo di fronte all'ineluttabilità del proprio destino (chi ricorda HAL9000?).
Screamers (1995): Una scena del film
Decisamente ingenuo in fase di scrittura e con diverse incongruenze nella tenuta narrativa, rischia più volte di cadere nel melodramma o nei prevedibili sussulti in chiave 'soap' (di chi sarà mai figlia questa graziosa bambina?) agitando un menage a trois che non va da nessuna parte e chiudendo l'ellissi di un incipit tragico nell'epilogo scontato del suicidio assistito di chi non ha ancora imparato a sognare ("Dimmi cosa vedi quando chiudi gli occhi?"). Belle le ambientazioni in esterno tra i Pirenei e le Alpi svizzere, come pure gli straordinari effetti speciali di una interfaccia olo-grafica che rimanda ai complessi meccanismi vintage di De Vaucanson, giustamente premiati al Sitges - Festival internazionale del cinema della Catalogna 2012. Tra i due attori principali, un Daniel Bruhl arruffato e romantico ed una graziosa e vispa Claudia Vega, la spunta il maggiordomo 'bicentenario' ed empatico di un impressionante Lluís Homar che si aggiudica uno dei tre riconoscimenti autoctoni concessi alla premiazione dei Goya 2012. Lacrimevole destino di burattini catalani.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta