Regia di Rupert Sanders vedi scheda film
“Biancaneve e il cacciatore” (Snow White & the Huntsman, 2012); e come (la) chiosa di una stagione cinematografica a distribuzione incerta, stentata e casuale, appare un film degno a quasi completamento di un’indicibile corsa sullo spettatore oramai sprovveduto ad una becera (e qualsivoglia pochezza) contrapposizione tra teste pensanti e logiche virtuali di conto infimo e impallato. Un luglio di poco conto dove si intravede nella pubblicità a spron battuto un trailer di richiamo favolistico per una serata d’estate priva di contorni importanti.
“Biancaneve e il cacciatore”, marchio Universal, si intromette per farci godere delle immagini portandoci in un mondo glaumorizzato con spiriti new-age e computerizzazioni laccate di un contorno incollato e saggiamente portato alla realtà post-modernizzata senza (alcunché sperduto) nessun richiamo intenso ed espressivo della favola che dai fratelli Grimm dovrebbe trasparire.
Un film (quasi) deludente, alquanto inzuppato, diluito nei versi, stiracchiato, poco presente, passionalmente incerto, dispersivo e sinceramente compiaciuto. Costantemente sembra volere spiccare il volo: ad ogni tratto vende il profumo del sogno di Icaro ma senza sconti si perde in un annacquamento salutare per la non riuscita (come da aspettativa produttiva si percepisce) di una pellicola sempliciotta e accatasta di ovvietà con una tensione minima sul risaputo e già detto (non certo contraddetto).
Una giostra di ‘menzogne’ ben orchestrate ma prive di vero succo narrativo, di pathos e quantomeno di stordente sogno estraniante. Si rimane sempre all’inizio della favola, sul limbo del piacere immaginifico quasi intimoriti di restare tramortiti dal completo sogno inverecondo di una favola ‘aggiornata’ e quasi difettosa di darti il quid che non t’aspetti. Invece quello che aspetti c’è tutto (pure troppo): il trailer visto e rivisto dice tutto e quasi denota la pochezza (o la minima) narrativa di una pellicola già posta al pubblico in tono minore e senza arie ‘universal’ distributive (il cinema non è solo logo e miscugli fatiscenti di soli rimandi –e la favola di per sé è fuori gioco da tale discorso-).
“E se rifiutassi” così il cacciatore alla regina (cattiva) Ravenna in merito alla caccia a Biancaneve e farla fuori dal gioco del potere e della bellezza (eterna). E qui qualcosa non quadra (riguardo l’inquadratura): lo stacco dal primo piano di Eric a quello di contro balzo da dietro con lance e aste che partono ad infilzarlo con la regina maestosamente che guarda il set è un tradimento dell’emozione (naturale) e di schermaglie facciali (pasticciate e posticce rispetto a ciò che non si va vedere). E’ un esempio di montaggio alterato e per nulla incanalato nello score narrativo e nelle ‘vestige’ (aggrumate di colori computerizzati) dei personaggi. La Foresta oscura diventa annerita per lo spettatore che non trova un disegno di solidità e un’interiorità già persa: solo l’intervento dei ‘nani’ (con ironia e ardimento gioioso poco percepito altrove o addirittura assente) alza il tono di un film poco sicuro e alquanto poco digeribile.
I personaggi danno il meglio per quello che è possibile: Chris Hemsworth (il cacciatore Eric) appare alquanto incantato dagli altri e poco dentro a convincerci, Kristen Stewart (Biancanave) dà una sensazione di un certo distacco nei ‘suoi’ momenti (i duetti con il cacciatore e la parte finale), Charlize Theron (Ravenna) brava ma alquanta eccessiva (il bluastro diventa nero ed onirico senza senso) con gorgheggi e aperture boccali degni di un horror (scult…) e Sam Claflin (Principe William) tiene a galla il suo stare esserci.
Musiche e fotografia tengono il resoconto della favola senza essere determinanti (il professionismo c’è ma non arriva al vero fine di un film da ricordare). La regia di Rupert Sanders: ordinaria e/o se si preferisce (troppo) convenzionale.
In conclusione un film sufficientemente brutto e mediocremente bello. Senza essere pari a nessuno una confezione che diluisce e zittisce ogni commento (ulteriore).
Voto: 5-.
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