Regia di Rupert Sanders vedi scheda film
E’ l’anno di Biancaneve evidentemente. Dopo la versione semi-bollywoodiana di Tarsem Singh arriva questo cupo adattamento della favola dei Grimm operata dai produttori di Alice in Wonderland e dal regista pubblicitario Rupert Sanders.
Atmosfere alla Signore degli Anelli, la trilogia di Peter Jackson che ha fissato gli stilemi dell’estetica medieval-fantasy di tutto il cinema a venire. Estetica dark e epica patinata giocata sui facili contrasti luce-buio, giovinezza-senilità, buoni-cattivi. Ogni aspetto del film ha la sua controparte speculare – la foresta oscura e la zona rigogliosa di vita al di fuori dei possedimenti della regina – identificabile senza fatica così da far avanzare la storia, miserella, verso una conclusione assolutamente prevedibile.
Il peccato originale di questo film sta nella sceneggiatura, veramente poco ispirata e nella regia piatta che rimesta nel pentolone del deja vù spostando l’attenzione dalla storia classica, all’epopea di ribellione di popoli oppressi che assaltano il castello- fortezza fino allo scontro finale tra le due premières dames.
La fiaba originale si regge tutta sul giudizio perentorio di uno specchio fatato che al di là di ogni ragionevole dubbio sancisce i canoni di bellezza e sulla frase rivelatrice il cuore marcio di invidia che pompa veleno nell’animo della regina: Specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?
In questo film lo specchio indica come bellissima, più bella della regina - quindi in grado di sciogliere l’incantesimo - che ammorba e avvelena il regno, un po’ come Sauron ma in gonnella, Biancaneve/Kristen Stewart, della quale è invidiosa una statuaria Charlize Theron. Non può essere. Le esigenze di casting non possono passare sopra l’evidenza di un errore così marchiano. La sospensione dell’incredulità si sgretola come i soldati di vetro della regina. La Stewart piombata dalla padella dei vampiri anemici alla brace della regina cattiva sciorina sempre la stessa espressione intontita che ambisce ad un languore romantico finendo per essere maschera inespressiva e irritante. La regina Ravenna (da Raven, corvo animale nel quale si trasforma) nel corpo della Theron possiede una bellezza e un’eleganza che la minuta Biancaneve in questo caso si sogna di notte.
Il peccato originale del film si spande su tutta l’opera e nonostante gli sforzi profusi nel tentativo di convincere lo spettatore dell’assunto iniziale dipingendo le protagoniste l’una tremenda e oscura, l’altra tremebonda e candida ed ambendo oltretutto ad una dimensione epico/romantica del tutto disattesa dalla facilità degli sviluppi narrativi, classe, bellezza ed eleganza della Theron non potranno essere MAI scalfite dalla modesta Stewart.
Film freddo e incapace quindi di qualsiasi empatia, né fiaba né romanzo di formazione né avventura avvincente, Biancaneve e il Cacciatore fallisce ogni obiettivo aggrappandosi disperatamente agli effetti speciali e all’estetica dark-cool e ai costumi ad opera di Colleen Atwood ma senza alcuna originalità. In questo senso la cultura video pubblicitaria del regista Rupert Sanders si fa sentire tutta, la sensazione che si prova di fronte alle “belle” immagini è quella di assistere ad un lunghissimo spot esteticamente accattivante ma scevro di progressione drammatica o profondità alcuna.
Il tentativo di rimestare nel pentolone della fiaba porta Biancaneve ad assomigliare ad un’eroina dei romanzi d’appendice, una Giovanna d’Arco alla testa del popolo oppresso dalla Regina Cattiva, una deriva che porta ancora più confusione in una storia di per sé pasticciata. Ruolo significativo per il Cacciatore Chris Hemsworth neo Thor della Marvel e divo in pectore dei nuovi film muscolari e riduzione ai minimi termini per il principe William – già Azzurro - ridotto a figurina di contorno.
Ridotti digitalmente anche i caratteristi di pregio tra i quali Ray Winstone, Stephen Graham, Toby Jones, Bob Hoskins, Nick Frost che danno vita agli otto nani compagni di scorribande dei due protagonisti. Piccoli lestofanti esiliati in fuga in un mondo che rifugge la deformità – nel medioevo, anche in quello fantasy, la bellezza esteriore rimanda alla nobiltà d’animo, mentre il mostro è brutto e va rifiutato – e ritorno la morte di uno di loro in modo da rientrare nei binari della tradizione dei Grimm. L’unico risultato di questa operazione, la protesta di Warwick Davis, attore nano già nel cast di Harry Potter, a nome dei colleghi dell'organizzazione statunitense The Little People of America, per il mancato utilizzo di nani veri per interpretare i sette amici di Biancaneve. Come dargli torto.
Biancaneve e il cacciatore è comunque in testa al box office americano così da meritarsi l’ambito sequel già in fase di scrittura da parte di David Koepp, non ancora confermato - e a ragione - il regista Rupert Sanders. Si sa solo che sarà una trilogia come da recente tradizione americana ma sinceramente non se ne sente il bisogno.
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