Regia di Rupert Sanders vedi scheda film
La malvagità ti fa bella.
In Biancaneve e il Cacciatore - ennesima mercanzia blockbusteriana di derivazione fiabesca - risalta la figura, patetica, sofferente, maligna, decisamente “moderna”, della regina Ravenna, sorta di buco nero dalle fattezze divine (per gentile concessione della magnifica Charlize Theron) che inghiotte vite per mantenere la sua, eternamente giovane e bella. Un personaggio reso interessante, con discrete - seppur minime - dosi di indagine psicologica che svelano l’origine della complessa natura della regina cattiva, delle sue tragiche vicende passate, delle sue ossessioni e paure, delle sue visioni (il celeberrimo specchio).
Il lato oscuro della Bellezza.
A cui si contrappone quello candido, puro, immarcescibile dell’eletta Biancaneve: ad ogni suo nobile passo cose, persone, animali (ri)acquistano vigore e salute, vita. La storia è segnata, il destino pure, ed a poco serve la “deviazione” guerresca, invero breve e confinata nel finale battagliero, perché l’impianto di base deve essere rispettato.
Eppure ... non sarebbe stato male alterare un po’ il racconto (andando oltre alcuni spunti che ne fanno comunque una soddisfacente rivisitazione), concentrandosi magari sulla nemesi di Biancaneve, sentire la sua versione o, addirittura (reato di lesa maestà?), ribaltare i ruoli ed abbracciare un differente lieto fine.
Ma forse è chiedere troppo.
Ad ogni modo l’opera in oggetto, anche con tutti i limiti e paletti del caso - si tratta pur sempre di un prodotto a largo consumo - può dirsi sufficientemente riuscita, perché offre due ore di spettacolo ben realizzato e coinvolgente, permettendo di mettere da parte sospetti e pregiudizi. Se alcuni elementi aderiscono alla consueta inappuntabile tecnica di esecuzione - in particolare scenografie (molto curate), musica, montaggio, costumi, fotografia - altri raggiungono livelli notevoli.
Innanzitutto la resa estetica è molto appagante, frutto di ottime intuizioni visive che si devono sì agli effetti speciali ma soprattutto a ottime idee di partenza. Ogni componente - i cromatismi, le atmosfere, gli sfondi, le tonalità, il trucco, le scene d’azione, le inquadrature - pare pensato e di conseguenza messo in opera per raggiungere tale stato. Merito evidentemente anche della convincente regia dell’esordiente Rupert Sanders, certo non innovativa e non priva di alcune lacune, però dimostra personalità, senso dello spettacolo e del ritmo, e pure gusto.
Altro fattore determinante è la scelta degli attori: Charlize Theron, d’uno splendore regale che non può che ispirare versi in suo onore, dà un’eccellente prova, connotando fortemente il personaggio di Ravenna con intense sfumature che vanno dall’isteria al profondo dolore, dall’angoscia all’insopprimibile brama di potere, dalla paura alla crudeltà. Inutile dire che si mangia in un sol boccone la rivale, Kristen Stewart. La quale - le va dato atto - per la parte, col suo fisico minuto, emaciato e l’aspetto fragile ma anche con la sua innegabile bellezza, è perfetta, e finanche non disprezzabile in termini di recitazione. Lo stesso vale per il manzo Chris Hemsworth, che allinea la sua performance a quella esibita per Thor. Trascurabile invece, anche come personaggio, il figlio del Duca, William, che ha il volto anonimo di Sam Claflin.
Sbalorditiva la “banda” di grandiosi attori britannici che interpreta i nani (otto poi sette, ma chi è sta a contare?), tra cui è impossibile non riconoscere, immediatamente, le facce di Bob Hoskins, Ian McShane, Toby Jones, Ray Winstone, Eddie Marsan, Nick Frost … Semplicemente pazzesco, quasi s’impreca per lo spreco (inevitabile).
Dopotutto ci si può accontentare, è quasi una sorpresa questo film: puro intrattenimento e poco altro, ma godibile e benfatto, specie in confronto ad altri simili.
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