Regia di Daniel Cohen vedi scheda film
Commediola senza pretese e piuttosto prevedibile nei suoi sviluppi. Alexandre Lagarde (Jean Reno), autentica star della gastronomia francese, sembra giunto al capolinea della sua gloriosa carriera, quando si imbatte nel giovane Jacky Bonnot (Michael Youn), modesto operaio che coltiva il sogno di diventare a sua volta cuoco di fama mondiale. Dall’incontro nasce un sodalizio non privo di conflittualità. Insieme affronteranno una serie di peripezie per riuscire a conservare le tre classiche stelle del ristorante e del suo “chef”, sistemare i rispettivi problemi sentimentali e approdare ad uno scontato lieto fine. Come si vede, una trama tutt’altro che straordinaria e un film consigliabile solo a chi desideri trascorrere poco meno di un’ora e mezza di garbato intrattenimento. L’interpretazione dei due protagonisti e il contesto in cui è ambientata la vicenda salvano tuttavia l’intera operazione. Confrontato ad un attore più giovane di lui e conosciuto solo nei paesi francofoni, Jean Reno rivela la capacità propria dei grandi interpreti di lasciare al suo partner tutto lo spazio necessario per farsi valere al meglio, senza per questo rinunciare ad una prestazione di tutto rispetto. Si cala con divertita sicurezza nei panni di una personalità mediatica autoritaria, a tratti grottesca, il classico personaggio burbero ma di fin troppo buon cuore. Al suo fianco, Michael Youn recita su tutt’altro registro e ricorda la figura di Dany Boon nel suo famosissimo “Benvenuti al Nord” (2008). Il ruolo gli si addice, ma resta per me più un attore televisivo e un animatore, che ho avuto modo di apprezzare negli ultimi anni, che non un volto cinematografico. E’ giovane e il tempo potrebbe in futuro darmi torto. La parte più riuscita del film risiede comunque nelle molteplici declinazioni della gastronomia moderna, dalla “nouvelle cuisine” alla “cucina molecolare”. La satira colpisce la bizzarra moda dei nostri tempi di voler mangiare più con gli occhi che con la bocca, che si preferisce riempire di parole astratte. La terminologia utilizzata nel presentare i vari menù strappa più di una risata, così come le scene girate in cucina. Impagabile il personaggio dell’esperto spagnolo di cucina molecolare. Il suo sketch fa decisamente centro e lo ricorderò a lungo. Azzeccata anche la scelta dell’attrice Salomé Stévenin, figlia di quel Jean-François Stévenin di truffauttiana memoria: somiglia effettivamente a Jean Reno... naso compreso!
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