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Chef

Regia di Daniel Cohen vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Chef

di alan smithee
6 stelle

Piccola gradevole e molto divertente sorpresa estiva, uscita in realta’ mesi orsono quando la programmazione fitta e sovrapposta non mi ha consentito ne’ di vedere, ne’ di prendere nemmeno in considerazione questa piccola spiritosa opera prima dell’attore Daniel Cohen.

Filmino francese brillante e di buon ritmo, gustoso e saporito come i piatti che sono al centro della vicenda, effervescente e talvolta fin un po’ eccessivamente zuccherino nel suo svilupparsi tra scenette divertenti e gag irresistibili, e che non fa che confermare la brillante tendenza della cinematografia francese ad esprimersi con buoni esiti (artistici ed economici) sotto forma di commedia brillante e sofisticata che rifugge la volgarita’ senza rinunciare ad un pizzico di ironia.

Gia i titoli di testa predispongono al sorriso, con attori e maestranze citati uno dopo l’altro come ingredienti di un piatto composto degno di una grande occasione, preceduti da un participio passato di riferimento culinario che ne specifica il ruolo (cucinato da…, sminuzzato da….., condito da…., rosolato da…..) adattandolo alle esigenze culinarie.

Due personaggi principali: un aspirante giovane cuoco (il simpatico Michel Youn) molto dotato, appassionato e ligio delle regole, che finisce licenziato ogni due giorni a causa del suo atteggiamento troppo appassionatamente intransigente alle ferree regole della cucina d’autore rispetto al luogo dove finisce a lavorare (tavole calde, bar, mense aziendali ed ospizi); poi un famosissimo chef di un prestigioso ristorante della capitale francese (un Jean Reno strabordante e smargiasso a puntino), personaggio pubblico noto ed apprezzato ovunque, star della televisione, ma da tempo in crisi creativa anche in seguito a traversie familiari; insomma una sorta di versione transalpina del nostro bonariamente un po’ grezzo, sanguigno ed onnipresente Vissani.

Se da un lato il primo cerca un lavoro che almeno gli consenta un contratto semestrale per affrontare dignitosamente la gravidanza avanzata della giovane bella compagna, l’altro tenta di non farsi cacciare dal ristorante che dirige da decenni, a causa di una lunga conflittualita’ col figlio arrogante del vecchio proprietario dell’immobile, che lo considera una cariatide e predilige le soluzioni moderne di una cucina cosiddetta “molecolare”, piu’ artificiosa e scenografica, che il giovane rampollo considera il futuro dell’arte culinaria di massimo livello.

Un incontro casuale consente ai due di conoscersi, per scoprire che ormai nessuno dei due puo’ piu’ fare a meno dell’altro. La storiella, esile e leggera, e’ ravvivata da una sceneggiatura brillante che ci spiazza piu’ volte con battute irresistibili e risate a scena aperta ed un ironico atteggiamento su situazioni, manie, cultura di massa fatta anche di trasmissioni sempre piu’ numerose e demenziali improntate su cibo e ricette e qualunquismo.

Siamo dalle parti (sussurrato sottovoce, con una certa prudente cautela) del cinema degli equivoci leggero ma gustoso e scoppiettante del grande Louis Des Funes, al quale il giovane Youn assomiglia pure un po’ nell’affilato importante profilo, nella mimica e mobilita’ facciale, pur essendo quest’ultimo piu’ giovane del grande comico come lo abbiamo sempre conosciuto, piu’ cappellone e meno isterico, piu’ vittima che carnefice, piu’ oppresso che oppressore.

La storiella scorre via piacevole e dissetante come un vinello secco e fresco ingerito in una di queste giornate di arsura senza tregua; ogni groviglio giunge al pettine, e alla fine davvero, per una volta tanto, chi se lo merita vivra’ realmente felice e contento.

 

 

 


 

 

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