Regia di Antonio Pietrangeli vedi scheda film
Si dice che il finale è un "lieto fine" imposto dalla produzione; ma, dopo tutto un racconto, narrato da lei e dalla parte di lei, con tutte le incoerenze, estrosità, capricci di una "nata di marzo" che anticipa di una decina d'anni, con molto più garbo e fascino e moderazione e autocritica, le sessantottine, dopo che ha lasciato il marito, finora apparso retrogrado solo nel volerla a casa e non al lavoro, ma tenero, comprensivo, fin troppo arrendevole ai suoi capricci, mentre lei spende troppo, impone conoscenze "importanti" ma volgari, armeggia per procurare al marito contratti redditizi che lui non ama e che comunque non vuole ottenere a quel modo, dopo aver detto di esser maturata nelle difficoltà del lavoro e della solitudine e aver manifestato esigenze ora legittime di parità sentimentale, mentre prima aveva accampato proteste femministe confuse e velleitarie, si ritrova un marito arrendevole solo in apparenza ma di fatto proprio niente. che non "perdona" a lei un tradimento dopo averne commesso uno lui, e lei proprio a questo punto, proprio l'unica volta in cui ha chiaramente ragione, cede e gli corre incontro e gli dichiara ciò che lo spettatore sa già, che lei non ha fatto nulla e l'ha inventato solo per metterlo alla prova: più pessimista di così! Si ricomincia da capo, senza aver cambiato nulla, proprio come, in modi molto diversi, hanno poi fatto le femministe arrabiate di dieci o quindici anni dopo, che, dopo tante lotte, si sottopongono a mortificazioni sessuali molto meno dignitose di quelle delle loro nonne, anche se poi lo faranno con tanti e non più solo con un unico marito, e neppure questo mi pare un gran vantaggio. Ma al quel tempo le prime audaci proteste femministe si limitavano a fingere tradimenti non avvenuti, per ripicca contro quelli reali dei mariti, e forse Pietrangeli non intendeva fare un finale tanto pessimista come io lo vedo ora con il senno di poi... comunque neppure così ottimista come avrebbe voluto la produzione: bastava ben poco, bastava fare ammettere a questo tenero e innamorato marito, peraltro già pronto a rimpiangere il proprio tradimento ed a perdonare quello di lei, che è vero che i due sono equivalenti; sì, forse il finale è volutamente amaro, a conclusione di un film più amaro di quanto non sia sembrato... La sua continuazione ideale sarà Il magnifico cornuto, pochi anni dopo, in cui le corna vere diventano l'ovvia conseguenza di quelle confessate ma inventate. Troppo monocorde, finisce per annoiare; la figura di lei è adattissima alla Sassard, che tuttavia non può sostenere il peso del film e diventa ripetitiva... o forse è l'idea di dover sopportare una donna tanto capricciosa, e magari di lasciarsene incantare, a dare una sensazione di fastidio... ma il tema forse è proprio quello, precisato qualche anno dopo con Il magnifico cornuto (peraltro ancor meno bello): il marito tradizionale italiano vuole proprio una moglie che addolcisca i capricci e gli inganni con tante abili moine, e la maturazione di lei potrebbe essere proprio questa, di simulare meglio per stare al gioco.
Rivisto a distanza di tempo, appare sempre più noioso e più datato, a differenza dei grandi film, che rivisti appaiono sempre migliori. La sufficienza è molto scarsa...
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