Regia di Rainer Hoffmann, Anne Linsel vedi scheda film
Nascosto dietro alla più classica e cerchiobottista delle titolazioni nostrane, c’è un gioiello di documentario che andrebbe iniettato come antidoto alle generazioni intorpidite da Amici di Maria De Filippi e simili. Una sala da ballo, due coreografe (Bénédicte Billet e Josephine Ann Endicott), un gruppo di adolescenti senza alcuna esperienza teatrale e un progetto ambizioso: allestire Kontakthof di Pina Bausch in una versione fatta da e per i ragazzi. Uno spettacolo (ideato dalla Bausch nel 1978) che mette in scena le sfumature più intime delle relazioni affettive, in cui la maestra assoluta del teatrodanza portava sul palco un gioco sottile di seduzioni e sfioramenti, di desiderio e solitudine: emozioni ancora acerbe ma intense nei giovanissimi interpreti, chiamati al difficile compito di liberare i propri corpi goffi e timidi nei movimenti sghembi e passionali del capolavoro bauschiano. Lo sguardo dei registi esce dalla sala prove per soffermarsi su una manciata di protagonisti: imbarazzati ma determinati, li vediamo compiere il miracolo e sciogliersi, scoprirsi sul palco con una sincerità disarmante che solo l’adolescenza può consentire. Pina Bausch coordina le fasi finali del lavoro, severa e concentrata, pochi mesi prima della sua scomparsa avvenuta nel 2009: l’emozione vera del documentario è catturare il suo sorriso commosso, mentre vede la sua Arte diventare Vita.
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