Regia di Ridley Scott vedi scheda film
“Prometheus” (id., 2012 ) è il ventesimo lungometraggio del regista inglese di South Shields.
E pensare che il suo primo film (“The duellists”, 1977) lo ha girato a quarant’anni; dopo si è dato da fare fornendo al (suo) pubblico una gamma ‘visionaria’ oltre le misure convenzionali.
E che dire quando l’immaginario sovrasta (e di molto) qualche dubbio di scrittura il gioco è presto fatto. Con un Ridley Scott in stato di grazia il mondo visivo spazia di gusto in ogni forma di gusto e sotto ciascun piano scenografico che (non) t’aspetti. Di genere (più che) mai, di storia già anedottistica, di fatto androide del deja-vu, il clamore (senza enfatizzazioni di sorta) alla notizia di voler girare un film di ‘fantascienza’ sul pre-ambolo di “Alien” (id., 1979) o meglio su un antefatto di ciò che avevo già visto, ha prodotto nel regista inglese un silenzio destabilizzante e parole senza dire nulla. Tutto questo per dire (da parte di chi scrive) che un giudizio, senza bastoni né carote, a una pellicola ancora da vedere sul grande schermo prima che qualcuno si divertisse (giusto per propria visibilità latente) a censurare simile operazione e a sminuire (per non dire altro) ogni scena da girare e figurarsi ancora in fase di montaggio.
Strano modo quello di avvicinarsi ad un film (più o meno atteso) che aspetti con trepidazione perché un regista come Ridley Scott è solo da aspettare quando gira una storia ed è solo da ospitare nello sguardo di uno spettatore per un visionario come pochi. Accomodarsi e lasciare i remi in barca. Assolutamente.
Un fascinoso film d’intrattenimento, un miscuglio di sfizi antropologi futuri, un tropical di bevande agghiaccianti, un trito fantasioso scazzato, un succulento score ingordo, un sano fuori-tempo ospitante, un nonsodiché esaltante, uno schiaffo nello stomaco, uno scaraventarsi dentro lo schermo, un pastoso dispensato da noia, un cosmo in attesa, un atterraggio speranzoso, un partente illeso, un chiama aiuto attanagliante, una schiuma rabbiosa, una scienza che non decolla e un’illusione umana (senza oracoli da seguire).
Ridley Scott gira un film demarcato dalla scrittura posteriore su un antefatto che non c’è ed inventa un susseguirsi virtuoso di immagini come (quasi) mai si vede. Con uno spasmo di claustrofobia scenografica e un rigurgito indefinibile di riprese appassionanti, la pellicola catalizza lo sguardo in modo sinergico senza una sorta di confini espressivi. Il coinvolgimento è appassionato, mai domo e a ritroso, come un volo fuori dall’ordinario con una magniloquenza visiva di efficacia straordinaria. I movimenti e le corse di ‘umani’ e ‘mostri’ hanno una sincronia da battito orchestrale e da impulso da batteria: con uno score musicale imperioso e introspettivo (di Marc Streitenfeld –già collaboratore del regista in quattro pellicole- e Henry Gregson-Williams –con solo due brani delle venticinque tracce di tutto lo score-) di sapore impercettibile quasi coniugato tra una sonorità antica e qualcosa di post-moderno elettrizzante a riprova che il connubio immagini-musica deve essere totale in un assecondarsi di suggestioni e paure. Per certi versi una colonna sonora ‘implosiva’ e ‘chiusa’: sembra (sempre) aspettare un fuori-schermo sconosciuto, misterioso e (infinitamente) vago. Tutto questo crea nello spettatore (per chi scrive) una sensazione di ‘pura’ ansia di un ignoto imperscrutabile e che si allontana ad ogni attesa inquadrata (sembra un virtuoso mondo di giochi in cui l’uscita è al di là di ogni nostra fantasia). Ponderalmente vana ciascuna idea certa di ferma-immagine: tutto resta oltre; il cinema di Scott presuppone un dopo a-temporale (impossibile) nella ‘goduria’ visiva (già oltre un immaginario comune) e chiudere il cerchio non è mai e, tantomeno, insicuro modo per non oltrepassare la profondità di ogni schermo (proiettato).
Basta osservare, tra le tante, le inquadrature in controluce(rabbuiate) dall’interno di Prometheus verso il ‘portale’ d’uscita all’esplorazione-scientifica: una galleria con una bocca aperta quasi a consegnare e triturare un cibo scaduto di una forma alienica connaturata all’uomo (o a quello che esso può rappresentare nel film) verso un ignoto puramente inerme ai nostri sguardi ma già in vita dentro la ‘molecola-nucleico’ in un vortice di paure ancestrali e di morte-nulla. Una bocca che crede di ingerire e misurare la conoscenza ma che si trova a vomitare la paura di innaturale-forme verso un mistero chiuso dal (proprio) destino. Solo un volo oltre il pianeta del ‘volto-terreo’ allarga il sogno di una vita immortale (come fino all’ultimo crede Weyland) dopo uno spasmo salivante la testa (solitaria) fa il paio con la testa (urlalienante) che esce dallo schermo ritroso in un tredi-sperante. Su con la vita per i precursori e gli antesignani di fanta(sia)scienza pura in accadimenti (in)verosimili, trovate piacere nella virtuosissima macchina da presa di un regista che si gioca una carriera senza paure di sorta e con sceneggiatura ardimentosa (e saltellante) del ‘lost-boy’ Damon Lindelof (insieme a Jon Spaihts) che peraltro è anche produttore esecutivo (insieme ad altri) mentre il compianto Tony Scott (fratello del regista) produce il film con la casa Entertainment, Scott Free Productions insieme con Walter Hill (che non ha bisogno di presentazioni).
Da menzionare la fotografia dileguante, pastosa e irritante di Dariusz Wolski e il montaggio snervante e inchiodante di Pietro Scalia (già collaboratore con Ridley Scott in molte pellicole, da “Gladiator” a “Black Hawk Down” e da “American Gangster” a “Body of Lies”). Il cast regge il film con una recitazione ansiosamente accattivante: Noomi Rapace (Elizabeth), Michael Fassbender (David), Charlize Theron (Meredith) e Idris Elba (Capitano Janek) sono volti impressi (in un miscuglio di sensazioni e brutture). Quello di David prende il cavo e la carica di una pellicola da attaccare ad una presa di qualche (migliaio) di watt. La regia è forsennata, rotolante, immergente e sonante; diversamente basta addormentarsi nell’alienante cortile di un rimasuglio filmico di (af)fiction(ati a tetre e meste inquadrature stantie.
Voto: 8- (eccessivo e di gradimento come il film).
(p.s.)
Prendete posto, si parte;
Rischiare di vederlo, al contrario meglio lasciarsi andare;
Officina di classe per (ri)provare a divertire;
Mondo Ridley più che mai;
E per favore spegnete le luci;
Tracannate immagini traboccanti;
Help chiedete per un sorso d’aria;
E non guardate il tempo del domani;
Urlate di schianto se siete sfiniti;
Scottati di pioggia pellicolare… andate a riprendere fiato.
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Spopola. Controtendenza? Una semplice opinione.
Guyfranz. 'colta'? Non oso arrivarci; 'bimbo 12 anni' ? Non è dequalificante. 'non mi sembra il caso'? Attendo opinioni diverse da leggere.
Su questo film la penso in maniera molto differente, ma rispetto la tua (bella) opinione (e ci macherebbe che non fosse così :-) ). Del resto che noia se la vedessimo tutti allo stesso modo. Ciao
Giannisv66: grazie del commento. Sarebbe noioso tutto pensarla allo stesso modo. Sono d'accordo con te.
Ogni film (anche quello meno bello...diciamo così) può dare qualcosa di nuovo e sensazioni particolari. Comunque...tutto bene. Alla prossima. Un saluto.
La mia impressione è che alcune oggettive pecche in fase di sceneggiatura abbiano oscurato quanto di buono propone il film. E da molti - quelli cioè che erano pronti col fucile puntato e pronto a far fuoco sul confronto con l'intoccabile capostipite - tale circostanza è stata usata come mero pretesto. Migliorabile, lo era sicuramente Prometheus, ma sinceramente non riesco a vedere altro modo con cui possa essere realizzato e presentato, all'attualità, un prodotto come questo. Che - parere ovviamente personale - è il classico (ancorché raro) caso d'intrattenimento intelligente.
M.Valdemar. Commento che riesce a 'centrare' il problema. Nel mio scritto ho 'esaltato' (diciamo meglio allargato) quello che dici. Qualsiasi pecca andava bene...per andargli contro. Sono d'accordo con te (il voto piò essere soggettivo ma l'ardimento cine di Ridley Scott è di pochissimi e si dovrebbe dargliene atto -condizionale non per me-). Sceneggiatura? Forse fidarsi (quasi) totalmente di un 'writer-tv' (parlo di Damon Lindelof) non è stata.la migliore scelta possibile....!? Comunque visto in 3D e in un cinema con sonorità eccellente ti posso assicurare che la 'goduria' è incredibile. Un saluto.
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