Regia di David W.Griffith vedi scheda film
Birth of a Nation è l'inno patriottico più potente e anche abbastanza pericoloso dell'intera storia del cinema, in cui è impossibile non apprezzare la cura meticolosa per le inquadrature e la forza spettacolare delle immagini, ma che, è evidente, fa fin troppo sua la libertà di parola e rischia lo stravolgimento di un punto di vista che, in un quadro storico che intende, come vuole Griffith, ricostruire un evento, non deve certo prendere posizione. Eppure più che mai è necessaria una contestualizzazione, perché sarebbe sbagliato e poco corretto giudicare il capolavoro di Griffith con i criteri della critica moderna, tesa all'uguaglianza e alla parità dei diritti: senza nulla togliere all'importanza della democrazia, il film per la sua epoca è comprensibilissimo, e sarebbe pretestuoso fermarsi alla sua portata ideologica ignorando lo splendido linguaggio filmico che per la prima volta prende forma, come un linguaggio dell'arte sbocciato dopo un'ancora immatura adolescenza. Distinguendosi sempre per la curiosa e emblematica rappresentazione della massa, che sarà presto propria del kolossal hollywoodiano e in generale cinematografico ma che ancora in Griffith trova una sua connotazione più umana e attenta ai dettagli, Birth of a Nation percorre senza rischio di tediare nonostante la lunghissima durata il peccato originale di una terra, non tanto la presenza dei neri (che poi è una delle tante tesi di Griffith, non l'unica, altrimenti sarebbe solo un testo - filmico - argomentativo), ma l'assoluta prevalenza di uno stile di vita violento e guerrafondaio, che avrebbe portato con il sangue agli Stati Uniti d'America. In questo senso non possiamo considerare il razzismo di Griffith come un atteggiamento qualunquista e semplicistico (ripetiamo: senza arrivare a condividerlo) ma come una considerazione antropologica fallace di un intero ecosistema vivente, in cui i neri, tutti rappresentati come rozzi e ubriaconi, sono una forza ostile e irrazionale che germina all'interno del paese stesso. Volendo astrarre (cosa che purtroppo Griffith non voleva), la sua si può considerare una presa di posizione pacifista, ma che "lotta" per il pacifismo, accecata da uno sguardo patriottico che vuole, paradossalmente, l'uguaglianza (tra Nord e Sud, come dimostrano i rapporti sentimentali di personaggi di entrambe le parti) e la pace, ma che cerca la felicità come un documento giusto poco meno di un secolo prima aveva garantito alla maggior parte degli abitanti del nuovo stato. D'altronde anche per Griffith gli Stati Uniti d'America nascono dal sangue, come la maggior parte delle nazioni, come la maggior parte dei consorzi umani, e il desiderio deprecabile ma ostinato (e per questo potente) del film come degli americani 'bianchi' ritratti da Griffith è proprio quello di abolire quella macchia gigantesca di sangue che la guerra di secessione, in 4 orridi anni, aveva generato. E il suo sguardo non smette mai di essere problematico, lasciando intendere che il KKK avrà pure risolto il caos, ma al prezzo del sangue. Dietro le marce trionfali dei biancheggianti guerrieri ariani ristagna ancora l'emoglobina degli sconfitti, nelle apparizioni oniriche dei ricordi, dei fantasmi, delle disperazioni dei singoli personaggi, sapientemente alternate ai disastri della guerra. Alternando campi lunghi e primi piani, Griffith ottiene una tensione morale sempre presente e che non lascia mai il tiro, indirizzato verso un'utopia che solo il cinema può raggiungere, sulla scia della disperazione e della violenza. I singoli individui, cinti dalle mascherine che inquadrano i loro volti contriti, sono soggetti umani schiacciati dagli eventi storici, e tutti i film successivi (da Il pianista a C'era una volta in America, da Forrest Gump alla stessa Meglio gioventù) dovranno guardare a questo film per intendere bene cosa voglia dire, al cinema ancora oggi, il senso del 'passare del tempo' (grazie al montaggio) e tutto ciò che ne consegue. E poi il film sembra essere alla fine necessario per la storia cinematografica, così densa di contraddizioni, a suo modo un film maledetto, il 'peccato originale della storia del cinema', portatore di un'ideologia incondivisibile (come se il cinema nascesse effettivamente dal sangue), ma incarnazione della potenza stessa dell'arte cinematografica.
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