Regia di David W.Griffith vedi scheda film
Come per i film di Leni Riefenstahl od altre opere di epoca nazista o staliniana, parlando di "Nascita di una nazione", bisogna distinguere il piano tecnico-narrativo dall'aspetto ideologico. Anche al di là del puro dato di fatto che Griffith fosse razzista o meno (e sicuramente lo era, essendo figlio di un colonnello confederato soprannominato "Jake Ruggito"), il suo film più noto e di maggior successo è oggettivamente un film razzista e favorevole alla segregazione razziale. E lo è sia dal punto di vista ideologico che realizzativo: se nel primo aspetto i "negri" sono descritti come pura forza lavoro, cui è consentito al massimo fare i camerieri nelle case dei bianchi e ballare come scimmie per divertire i padroni, e per di più lo scopo del film è di esaltare la funzione "sociale" di una formazione criminale come il Ku Klux Klan, sul piano della realizzazione del film la maggior parte dei personaggi di colore sono recitati da attori bianchi con la faccia coperta da lucido da scarpe, come a voler simboleggiare che i negri non avevano diritto di cittadinanza a Hollywood (e quanto a lungo è durata questa concezione!). Detto tutto il male possibile, dunque, dell'ideologia che sta alla base della nascita di una nazione, bisogna, però, sottolineare, con Mereghetti, che il film di Griffith «resta una pietra miliare della cinematografia per la raggiunta maturità dei mezzi espressivi: il montaggio parallelo, l'alternanza di campi lunghissimi e primi piani, l'attenta caratterizzazione dei personaggi e il perfetto controllo degli attori, le grandiose scene di massa, gli effetti luministici». Se il cinema americano ha avuto, negli ultimi novant'anni, quella posizione predominante dalla quale ha esercitato anche un dominio culturale, politico ed economico su un po' tutto il mondo, è anche grazie a film come questo, che hanno edificato - e si noti su quali basi ideologiche - la potenza di Hollywood, sostenuta su poderose filmografie come quelle di registi quali Cecil B. De Mille e di John Ford, che probabilmente non avremmo avuto senza Griffith. Non si può certo dare tutta la colpa dell'aberrazione ispiratrice di "Nascita di una nazione" ai romanzi che stanno alla base del film "The Clansman" e "The Leopard's Spots" del reverendo battista Thomas Dixon jr.: anche il regista ha ovviamente le sue belle responsabilità. Garantito da quelle libertà di pensiero e d'espressione sulle quali (oltre che sul dollaro) poggiano gli Stati Uniti d'America, Griffith ha tentato di lavarsi le mani ponendo ad epigrafe del suo film alcune citazioni dell'allora Presidente democratico Woodrow Wilson, il padre della Lega delle Nazioni. Probabilmente anche l'uomo politico era un razzista e citarlo più o meno a proposito non aggiunge un barlume di luce a un film tecnicamente sontuoso e ideologicamente bieco. (13 ottobre 2007)
Nella seconda metà dell'Ottocento, l'amicizia di due famiglie americane, una del sud (i Cameron del South Carolina) e una del nord (gli Stoneman della Pennsylvania) è interrotta dall'irrompere della Guerra Civile, causata dalla secessione degli stati confederati del sud, e a sua volta originata dalla volontà degli stati del nord di abolire la schiavitù dei negri (c'è un motivo per cui uso questa dicitura). Finita la guerra con la sconfitta dei Confederati, l'attore di simpatie sudiste John Wilkes Booth uccide il presidente Lincoln, che faceva da garante di un trattamento leale nei confronti degli stati sconfitti. Morto il presidente, a Washington prevale l'ala radicale dei politici abolizionisti che pretendono dure condizioni per gli stati del sud, dove imperversano bande di soldati negri, mentre un politicante mulatto, Silas Lynch, viene addirittura eletto governatore della Carolina del Sud. Alla fine, ristabilito l'ordine grazie alla fondazione e all'intervento del Ku Klux Klan, i rampolli delle famiglie Cameron e Stoneman sposano le rispettive sorelle, gettando le basi per un'America finalmente unita.
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