Regia di David W.Griffith vedi scheda film
A mia memoria, è il primo grande film che ponga un dilemma di non semplice soluzione sull’arte in generale, e cioè: i contenuti hanno un contributo determinante per il valore artistico di un‘opera o è la sola forma linguistica, l’esclusiva artefice della medesima? Personalmente ho sempre propeso per la prima ipotesi. Questo “mancato” capolavoro della storia della cinema rappresenta infatti la vera data di nascita di un linguaggio cinematografico evoluto, per maestria tecnica ed espressività formale. Di contro Griffith con aberrante spirito razzista verso i neri americani, illustra un racconto stupido oltre che clamorosamente falso (eroici bianchi del Ku Klux Klan che combattono e sconfiggono il popolo di colore qui nelle puerili vesti di un clan di spietati criminali). Fortunatamente oggi un tale film non verrebbe prodotto, ma tralasciando disquisizioni sulla bontà di ideali più o meno o per nulla legittimi, mi domando quali sensazioni possa suscitare. Davvero riusciamo a farci avvolgere dalla forza formale disdegnando il senso di ciò che mostra? Sulla base di questo sentire ho sempre considerato in maniera diversa anche l’altro straordinario film di Griffith, “Intolerance”, ancor più innovativo e rivoluzionario, e tuttavia viziato da contenuti pacifisti di maniera, cinicamente superficiali. Sull’onda delle innumerevoli polemiche suscitate da “Nascita di una nazione”, l’autore statunitense virò verso il pacifismo politicamente corretto, ma la forzatura del messaggio appare evidente. Nota finale positiva: credo che l’arte in generale possieda buoni anticorpi, in quanto la sua storia ha visto transitare diversi straordinari talenti assai controversi e discutibili sotto molteplici aspetti e tendenze, i quali quasi mai hanno trasposto ideologicamente o demagogicamente tali inclinazioni nelle loro opere, rifondendo in esse al contrario, il meglio del loro animo.
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