Regia di Christopher Nolan vedi scheda film
La distruzione dell’ordine sociale è una rivoluzione anarchica o un sadico gioco terroristico?
Possono le ombre illuminare i valori di una nazione e di un popolo?
Perché nell’ultima parte della trilogia del Cavaliere Oscuro firmata da Christopher Nolan sono proprio delle ombre a combattere e lottare, ombre mascherate, appiattite, senza profondità. Ombre oscure di eroi che hanno dimenticato il senso profondo del loro agire. L’ultima parte della saga (che non si chiude e che potrebbe dare vita ad una nuovo sequel) schiaccia sulla superficie della pellicola i suoi personaggi, facendo delle loro psicologie puri stereotipi narrativi; rimane una visione del mondo che si ricollega alla paura e alla confusione odierna, la raffigurazione di una società dominata dalla finanza e dalle banche, dove un improvviso divampare di fiamme sembrerebbe l’inizio di un cambiamento radicale, violento e inarrestabile e che invece è solo l’ennesimo spettacolo pirotecnico, a favore di un bene e un ordine che vengono difesi in nome di valori ormai scomparsi, se non dalle parole dei potenti, sicuramente dalle loro azioni.
I tribunali del popolo, le prigioni aperte, la cacciata dei ricchi dalle loro case, invece di essere i segnali concreti di una rivoluzione finiscono per diventare i simboli della paura di un cambiamento così netto e allora la lotta diventa quella per ristabilire il vecchio equilibrio e le ombre combattono per questo e oscurano, definitivamente, quella speranza di rinascita che se le parole non riescono ad ottenere allora devono essere le azioni, con la loro violenza, a rivendicare.
E Nolan sembra sempre di più perdersi nei meandri del blockbuster, al quale, pur consegnando brevi squarci di autorialità, non riesce a dare la dovuta forza narrativa; il gioco della frammentazione, del flashback improvviso che interrompe la linearità del racconto, ormai elemento stilistico del regista, sembra qui solo un semplice trucco per affermare la propria presenza.
Il crollo dell’occidente attende altri narratori che ne sappiano cogliere l’orrore e la speranza. Altri uomini che ne decretino la fine e ne scrivano l’inizio. Senza più maschere dietro le quali nascondersi.
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