Regia di Walter Hill vedi scheda film
Gli anni ottanta non sono mai finiti per Jerry Calà, i Vanzina e Sylvester Stallone. Tutti e tre continuano ad attingere e a lavorare all’ombra di quel decennio. Sly alimenta il suo personaggio di macho direttamente da lì. In JIMMY BOBO – BULLETT TO THE HEAD è Jimmy Bonomo noto Bobo, killer palestrato e tatuato a cui dopo un regolamento di conti fanno fuori il fedele socio. Bobo, costretto a difendersi da nemici agguerriti in giacca e cravatta e mercenari assortiti dalla espressione facciale monocorde, trova nello sbirro di origine asiatica Taylor Kwan e nella figlia Lisa, generosa tatuatrice due amici solitari su cui contare. Tra decine di morti e teste saltate il protagonista porterà a casa il suo superfisico e la bottiglia di whisky preferita per i bar della Louisiana. Stallone si muove come un pistolero, porta la seconda di seno, ha qualche problema di torsione del collo ma tutto sommato a sessantasei anni è ancora un figurino senza evidenti patologie prostatiche e una schiena ancora sana. Bollettino medico a parte se la cava e sguazza alla grande come un novello John Wayne. Tratto da un fumetto, questo film è all’insegna dell’inverosimiglianza e dell’ironia quale elemento smorzante l’eccessiva violenza e il mondo infido e corrotto ivi descritto. L’eroe – leale, vagamente anarcoreazionario e con una filosofia da killer-genitore casuale e apprensivo in tarda età – deve restare in piedi ad ogni costo. La coppia bandito-poliziotto pare un aggiornamento opaco di 48 ORE, in JIMMY BOBO la “rivalità” tra i due è una contrapposizione tecnologica: l’uno schiavo del cellulare e della rete per risolvere indagini e conoscere informazioni (utili), l’altro che agisce solo seguendo il fiuto e l’esperienza, senza sbagliare. Entrambi si salvano la vita a vicenda, ma il film comincia con un anticipo delle gesta di Stallone, è lui “l’eroe della strada”, giusto per segnare il territorio. Walter Hill alla regia dà un ritmo accelerato ai combattimenti e alle scene d’azione, per il resto segue l’andatura dinoccolata e lenta del protagonista scandita da un efficacissimo score musicale di Steve Mazzaro. Un fiume in piena di armonica e chitarra elettrica, di pallottole e battute ad effetto. Cazzuto.
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