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Narciso nero

Regia di Michael Powell, Emeric Pressburger vedi scheda film

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La recensione su Narciso nero

di Peppe Comune
8 stelle

Cinque suore dell'ordine de "Le serve di Maria" di Calcutta, su invito diretto del generale Toda Rai, prendono possesso del cosiddetto "palazzo delle donne" di Mupa, un paese situato a 2700 metri di altitudine sulle pendici dell'Himalaya. Lo scopo è quello di farvi aprire una scuola e un ospedele, aiutate in questo dal signor Dean (David farrar), l'agente britannico del generale, che fungerà da supporto logistico per tutto il tempo che occorre. La missione va avanti tra mille difficoltà, in mezzo a una diffidenza strisciante che arriva a farsi aperta ostilità. Il lavoro è l'aspetto più tangibile della comunanza delle suore ai voleri di Dio e la convinta devozione a questo scopo si scontra ripetutamente con una natura sottilmente capace di alienargli la possibilità di portare a compimento i precetti della loro missione cristiana. Suor Ruth (Kathleen Byron) impazzisce in preda agli spasmi dell'amore, suor Philippa (Flora Robson) pianta fiori ovunque al posto della verdura e vive ossessivamente il rapporto col lavoro che fa, suor Honey (Jenny Laird) si assume la responsabilità della morte di un bambino e la madre soperiora, suor Clodagh (Deborah Kerr), si immerge ripetutamente nei ricordi del suo matrimonio mancato.

 

 

"Narciso nero" segna il trionfo della visionarietà pittorica del duo Powell-Pressburger, una sarabanda di sensazioni e colori mutevoli che insinua la peccaminosità nel cuore pulsante di una sincera professione di fede (emblematico in tal senso è il fatto che il palazzo- convento un tempo era stato un Harem che accoglieva le donne del vecchio principe della regione). Un film di colori dunque : il bianco del puro candore, il rosso della calda passione e il nero della sensualità tentatrice. Un intreccio cromatico di accattivante resa scenografica capace di evocare, tanto la sublime bellezza di una natura bella e incontaminata, quanto gli sbalzi emotivi che un ambiente non propriamente amico può suscitare. Le liturgie religiose si mescolano con le mai represse pulsioni sessuali di alcune sorelle mentre, l'inaccassibile paese abitato da persone legate alle loro antiche usanze e devote al vecchio Santone della montagna, contrasta decisamente con l'esotica sensualità dei pantaloncini attillati del signor Dean e, sopratutto, con quella del giovane generale Dilip Rai (Sabu), che frequenta la scuola perchè vuole impararare il più possibile della cultura occidentale e viene denominato Narciso nero dal nome dell'inebriante profumo che usa, "fatto arrivare direttamente dai magazzini militari di Londra". Questi contrasti, forti e ossessivi (tanto cari a Powell), rendono bene la sensazione di soffocante isolamento che attanaglia le suore, il senso di smarrimento che le porta a mettere in dubbio la propria fede per il fatto di non riuscire a vincere le difficoltà ambientali e a venire a capo dei fantasmi del loro passato. L'uso della parola "evocare" è quanto mai opportuno per "Narciso nero", dato che si tratta di un film interamente girato in interni e che, non a caso, valse l'Oscar per la fotografia (grazie all'uso temerario del Technicolor) e la scenografia rispettivamente per Jean Cardiff e Alfred Junges. Se si aggiunge la bella musica di Brian Easdale, funzionale all'atmosfera di morbosa attesa voluta dagli autori, ricaviamo un quadro d'insieme di notevole pregio artistico. Un grande film direi, ancora capace di affascinare.  

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