Regia di Michael Powell, Emeric Pressburger vedi scheda film
La fotografia a colori di Jack Cardiff per questo film resta uno degli esempi più belli di Technicolor della sua epoca, e non solo : le composizioni del grande operatore inglese sono state paragonate addirittura alla pittura di Van Gogh per la loro intensità. Appoggiandosi su una struttura visiva di altissimo livello, Powell costruisce un melodramma torbido e lussurioso sul conflitto fra Natura e Civiltà e fra repressione e impulso sessuale. Un'opera visionaria e barocca, dunque, a tratti quasi delirante nel suo magico artificio, dove si perdona volentieri qualche eccesso e qualche sottolineatura di troppo nella caratterizzazione dei personaggi. Deborah Kerr è ottima nel ruolo di Sorella Clodagh, e fra i comprimari si segnala la prestazione di Kathleen Byron nei panni della folle Sorella Ruth, un'interpretazione sensazionale e controllatissima nonostante il fatto che il personaggio tenda decisamente all'eccesso. Le scenografie di Alfred Junge e l'utilizzo di tutta una serie di trucchi ottici (fra cui il "glass shot" per dare l'illusione del palazzo a strapiombo sulla montagna) testimoniano del genio sperimentale di Powell e della sua continua ricerca per la forma più adatta a servire i contenuti delle proprie storie. Notevole anche l'uso delle musiche di Brian Easdale, soprattutto nel climax del finale fra la Kerr e la Byron, che ci rimanda a un'idea di cinema come "arte totale", idea di ascendenza wagneriana in cui tutte le singole componenti del linguaggio cinematografico sono portate a un grado di vera e propria incandescenza espressiva. Fra gli ammiratori di questo film, uno dei più ferventi è Martin Scorsese. voto 9/10
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