Regia di Andrew Stanton vedi scheda film
Come dire: indagine su un “flop” al di sopra di ogni sospetto.
L’analisi di un film come questo non può prescindere, infatti, da una discussione sul quesito che segue: perché mai un film discreto come questo, ovvero un film, per certi versi, ridondante, superficiale e privo di personalità, ma, per altri, ricco di esotismo e scene avventurose, nonchè capace di provocare un certo entusiasmo e (un minimo di) trasporto emotivo (inevitabile con una Lynn Collins da urlo!) è crollato miseramente sotto i colpi dell’indifferenza e del biasimo collettivo? Ecco, di un film come questo sarebbe molto più interessante discorrere, più che di meriti e demeriti (presenti entrambi quasi in egual misura), delle ragioni profonde che hanno decretato il suo tracollo ai botteghini.
Sennonchè, le cause sottese all’insuccesso di un film rientrano, solitamente, fra i grandi misteri dell’umanità (d’altronde, se La Disney è arrivata ad investirci - fra produzione e battage pubblicitario - circa 350 milioni di $ un motivo ci sarà pur stato) quindi non starò a dilungarmi oltre su questo aspetto. Certo è che fa molto strano (anche perchè altri film, poco incisivi come o più di questo, un minimo di ritorno economico lo hanno avuto).
Non si può, invero, negare che la qualità complessiva dell’opera lascia un po’ a desiderare. L’originalità del soggetto non viene catturata dalla sceneggiatura (spesso semplificata all’inverosimile), ma paga soprattutto un debutto, al cinema, fuori tempo massimo (dopo la fortunata “esalogia” di Star Wars e molti altri sci-fi intrisi di avventura questo John Carter non poteva che nascere vecchio: Holger Danske). E (parecchio) paga anche tutto il resto: la malaccorta costruzione delle scene d’azione (con effetti visivi dosati in maniera convulsa e sproporzionata). Scenografie esteticamente ricche di dettagli, ma povere di stile (Holger Danske). Una fotografia che non demarca le differenze fra le alture di Marte e quelle di un New Mexico qualsiasi. Il montaggio (spesso anonimo), nonchè gli attori (parecchio fuori parte).
Però altri elementi (di fascino) assicurano, comunque, una discreta dose di intrattenimento. In particolare, io ho apprezzato il prologo (lungo quanto si vuole, ma ideale per inquadrare contesto, psicologia del protagonista e sviluppi della storia) e l’epilogo (che regala un mini colpo di scena che, a causa dell’insuccesso commerciale del film, non avrà sviluppo alcuno). E relativamente curiosa ho pure trovato l’idea di collocare una razza aliena all’origine della “civilizzazione” dell’umanità e di svariati mondi ulteriori (tesi non così strampalata stando alle teorie sull’origine dell’uomo che da decenni circolano nel mondo della divulgazione “parascientifica”).
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