Regia di Andrew Stanton vedi scheda film
Discreto. Il film è tratto dal romanzo A Princess of Mars, scritto da Edgar Rice Burroughs (si sprecano le traduzioni del titolo nelle diverse edizioni italiane, da Sotto le lune di Marte a La principessa di Marte passando per John Carter di Marte), il primo libro degli undici totali che compongono il cosiddetto ciclo marziano o ciclo di Barsoom. Non l'ho mai letto, lo preciso subito.
Come però sovente accade ogniqualvolta mi ritrovo ad avere aspettative alquanto modeste, ecco che mi vedo costretto a riconoscere una piacevole sorpresa. Nulla di eccezionale, per carità, ma non mi è affatto parso un obbrobrio come erroneamente credevo che fosse. Questo rientra in quei classici esempi di opere "leggere" in grado di intrattenere per un paio d'ore gradevoli, senza troppo impegno a livello cerebrale, capaci però di offrire qualche momento di svago.
La trama potrà forse apparire non molto originale, ma questo perché giunta sul grande schermo in ritardo sulle altre ad essa ispirata (in pratica tutta la science-fiction, da Star Wars ad Avatar). E da un certo punto di vista non conviene affatto scollegare completamente i neuroni durante la visione, poiché il rischio potrebbe essere quello di non essere poi più in grado di capirci qualcosa. La mia impressione è che la fonte cartacea sia stata condensata e tagliata, omettendo dettagli e lasciando semplici riferimenti ad un mondo in realtà assai più vasto (di "spiegoni" io non ne ho notati, non mi sono pervenuti... non so se la loro presenza si sarebbe rivelata un bene o un male). Comunque è sufficiente un minimo di attenzione e non si dovrebbero avere problemi in questo senso.
I personaggi non sono proprio quel che si dice memorabili, bisogna ammetterlo. Oltre al protagonista, infatti, gli unici a funzionare in toto sono i tre alieni più simpatici: Tars Tarkas, Sola e il "cane" Woola. Ottimi invece sia l'eccellente colonna sonora che i vistosi effetti speciali.
Resta l'incognita circa il suo gravoso insuccesso. Immeritato, sì, ma a fronte di un budget così elevato viene da chiedersi di chi siano le responsabilità. Le ipotesi sono due: dilapidazione immane (qualcuno con manie di grandezza) oppure errate strategie promozionali (qualcuno con scarsa fiducia nel progetto). Tuttavia, in entrambi i casi, «chi è causa del suo mal, pianga se stesso».
John Carter è morto. Il suo diario viene dunque consegnato al nipote Edgar Rice Burroughs, il quale leggerà tramite esso la fantascientifica avventura vissuta dallo zio: trovatosi senza apparente spiegazione su Marte (Barsoom, come è chiamato dagli indigeni), egli scoprì due etnie "intelligenti" distinte, ovvero i marziani verdi, i Tharks, giganti a sei zampe, e i marziani rossi, più simili ai terrestri, sebbene ovipari. Questi ultimi, gli "umanoidi", erano a loro volta divisi, impegnati in un secolare conflitto, che vedeva contrapposte le due città-stato di Helium e Zodanga. Catturato dai Tharks, John Carter finì per incontrare la principessa Dejah Thoris, in cerca di aiuto per porre fine alla guerra...
Michael Giacchino dimostra ancora una volta il proprio talento nella composizione di musiche suggestive, che sovente (ed è questo il caso) risultano tra i maggiori pregi dell'opera cui sono associate, surclassandola in qualità.
Un respiro più "epico", una miglior caratterizzazione dei personaggi, una gestione meno frivola della trama.
Sempre a suo agio nelle parti ambigue o avverse, come questo Matai Shang.
Non che il ruolo richiedesse chissà quali competenze, però restituisce un discreto John Carter.
Quasi irriconoscibile come volto di Tars Tarkas. Ma comunque valido.
Più bella che brava, temo, nelle vesti di Dejah Thoris.
Sola, la migliore fra i marziani verdi (e forse dell'intero film).
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