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The Bay

Regia di Barry Levinson vedi scheda film

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La recensione su The Bay

di EightAndHalf
7 stelle

Orrore strisciante e semi-invisibile. Il crostaceo Cymothoa Exigua subisce delle mutazioni e finisce per infettare un intero paesino, Claridge nel Maryland, in pieno 4 luglio: uno scherzo del destino? Una burla anti-americana? E perché tutti quanti stanno a riprendere questa mini-Apocalisse su misura per comprovare un allarmismo tutto post-11 settembre? Si parte dalle ingenuità, in The Bay, per risalire ai suoi veri pregi, perché il film di Barry Levinson, che si rivela versatile come non mai, è una pellicola agghiacciante e distruttiva, un reportage di una strage a quanto dice il film mai raccontata e che qui è ripresa tramite estratti video di YouTube, Skype, FaceTime e chi più ne ha più ne metta oltretutto in maniera scientifica e rigorosa, quasi a bilanciare la confusione e il carattere prettamente traballante delle riprese mockumentarystiche. Che ormai ci siamo abituati al genere è assodato, ma è come dire di essersi abituati all'horror in generale, e la scelta del soggetto si rivela fondamentale, quanto mai per questo found footage decisamente coinvolgente, orrorifico, con svariati e genuini sprazzi di terrore e di violenza, oltre che con una forte dose di inquietudine. Stupisce, effettivamente, come potrebbe essere stata nascosta una storia che avrebbe fatto, teoricamente, il giro del Maryland, almeno, con le svariate telefonate e chat che alcuni abitanti di Claridge stabiliscono con conoscenti di altre città, e non può essere un dettaglio trascurabile specie se il genere POV si configura come riproposizione fredda e distaccata (neanche tanto, in realtà) di una realtà assurda e effettivamente finta. Ma la forza del cinema (e di questo film) sta anche in questo, eliminare lo stato di incredulità, nonostante gli errori siano tanti e abnormi: non corri indietro sulla barca, quando trovi un villaggio vuoto e incocci il primo cadavere? Non allerti la Casa Bianca prima (e anche un bel po' prima) di raggiungere i 700 morti? Come hai fermato le immagini e ciò che si è venuto a sapere tramite i messaggi e le chat? Come può un evento del genere, nella timorosissima America, non girare per il continente e per il mondo? C'è una strana incongruenza fra l'esibizionismo di questa brutale messa in scena di un disastro e la proposizione per cui tutto sarebbe stato messo a tacere, ma è tutto della serie "chi se ne frega?", perché il film tira le corde delle più irrazionali e ataviche paure, in maniera meno raffinata ma altrettanto efficace del siegeliano L'invasione degli ultracorpi: anche qui creature che agiscono dal di dentro, anche qui la fine di una serie di certezze, nel film di Siegel tramite le metamorfosi caratteriali dei personaggi, nel film di Levinson tramite la promiscuità della messa in scena della morte. Non si capisce nemmeno tanto in che modo Levinson gestisca l'eventuale critica nei confronti del giornalismo, visto che la protagonista giornalista è una vittima con cui si può empatizzare e molti altri personaggi sentono il bisogno di riprendere tutto manco il Micah di Paranormal Activity: ma la realtà è che quel discorso anti-mediatico qui non c'è, ché forse Levinson ha capito che è diventato stereotipo (l'auctoritas in quest'ambito è [REC]). Anzi, è indubbia la volontà di raccontare, e, effettivamente, di "esibire" ciò che succede: il compiacimento sta dietro l'angolo. Eppure è il film a far dimenticare presto i suoi errori, per esempio con la splendida capacità di creare tensione tramite l'alternanza di numerosi punti di vista, ingressi in scena sempre nuovi e sempre terrificanti, sguardi di esperti e sguardi amatoriali di gente comune, sguardi, in generale, fallimentari, "uccisi" e sterminati da un morbo letale e disgustoso (scietificamente analizzato) che è parabola ecologista di un'umanità in cui non ci si può fidare nemmeno del bene primario, l'acqua. Viscido, altalenante nei contenuti, ma di impatto feroce e implacabile: forse il film è così bello e appagante proprio per i suoi difetti (irrinunciabili, probabilmente, all'interno del genere), perché li rivela e dimostra come essi siano facilmente scansabili di fronte al puro spettacolo della messa in scena, straordinariamente avvincente, sinceramente crudele e feroce. L'umanità è decisamente vinta, e non c'è semplice indignazione, ma mesta rassegnazione.

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