Trama
Stanco e depresso per gli strascichi della separazione dalla corista Claire (Diane Fleri), il discografico Ulisse (Carlo Verdone) decide di dividere un appartamento insieme ad altri due padri separati - il critico cinematografico Fulvio (Pierfrancesco Favino), che ha tradito la moglie Lorenza (Nicoletta Romanoff) con una ragazza molto più giovane, e l'imprenditore edile Domenico (Marco Giallini), reinventatosi come accompagnatore per signore attempate - che, come lui, vedono le proprie finanze in picchiata a causa delle esose richieste di mantenimento delle ex compagne. Deciso a non lasciarsi abbindolare nuovamente dal gentil sesso, finirà con il comportarsi come un giovane studente fuori sede fino a quando non capitolerà nuovamente di fronte all'eccentrica cardiologa Gloria (Micaela Ramazzotti), coinvolta inaspettatamente nelle piccole traversie dei tre.
Approfondimento
RIDERE DELLA DRAMMATICA REALTÀ
«Non riesco a vedere il mio lavoro non attento alla realtà che stiamo vivendo. E spesso la sfida di raccontare alcuni aspetti, tutt’altro che comici di questi ultimi anni, è il tentativo che più mi interessa. Ma credo che l’abilità dello sceneggiatore e del regista sia quello di cogliere “dettagli” e “situazioni” e portarle, con molto tatto e grande equilibrio, nel campo della commedia. Sulla carta il soggetto di Posti in Piedi in Paradiso non sembrava molto adatto per una commedia, ma la convivenza “forzata” dei tre, costretti a dividere un modesto appartamento, poteva mettere in risalto le loro differenze caratteriali e quindi a far scattare momenti divertenti nella inevitabile conflittualità dei loro caratteri e delle loro abitudini».
Con queste parole, Carlo Verdone, entrato ormai in una fase più matura della sua carriera dopo trent'anni di attività, sceglie di portare sullo schermo una commedia corale in cui l'attore, pur conservando il ruolo di protagonista, si fa da parte per lasciar parlare i suoi comprimari. A differenza dei contemporanei, che puntualmente si riversano in sala con commedie in cui non vi è traccia delle difficoltà che l'Italia del Duemila si trova ad affrontare, Verdone opta per uno sfondo amaro di riflessione che ricollega il suo film alla tradizione della commedia italiana d'altri tempi, guardando in faccia il lato peggiore della realtà per riderci sopra.
Poiché è difficile trovare nel suo curriculum personaggi e situazioni che non siano state portate all'eccesso, questa volta il regista evita di concentrarsi sulla borghesia per rappresentare uno spaccato inedito: i nuovi poveri come specchio della società, coloro che non arrivano a fine mese a causa di contingenze che gravano sulle loro spalle. Prendendo spunto dalle cronache dei quotidiani che parlano di circa 800 mila divorziati che vivono in condizioni di indigenza (su un totale di 4 milioni), lo sguardo si posa sulle difficili condizioni a cui sottostanno i padri separati, costretti dalla legge o dalle loro mogli a rinunciare alla famiglia e al benessere economico per adattarsi a condizioni restringenti per il bene dei figli, usati come arma di ricatto, e del loro futuro. Nel raccontare di tre padri separati, il rischio, però, era quello di farne un film sulla guerra dei sessi, maschilista e contro le donne, ma l'ingresso in fase di stesura della sceneggiatura di Maruska Albertazzi ha permesso l'introduzione di un personaggio femminile, naif e svampito, che potesse allegerire la tensione e garantire un punto di vista bipartisan.
BAMBOCCIONI E MISERABILI
Protagonisti, dunque, sono tre archetipi diversi di uomini inaffidabili, ognuno incapace di scegliere e con una professione allo sbando, costretti a una convivenza forzata. Come "bamboccioni" di un'Italia al deraglio in cui i quarantenni e i cinquantenni (ma anche i ventenni, se si considerano i loro figli ormai adulti) si ritrovano senza punti saldi - come la famiglia e il lavoro - a cui aggrapparsi, Ulisse, Fulvio e Domenico condividono le loro frustrazioni quotidiane, quasi con leggerezza, in un'atmosfera da dormitorio universitario. Con alle spalle un passato colpevole che li ha portati alla disfatta, cercano di non annegare nella disperazione: Ulisse da discografico ha tentato di lanciare la carriera della moglie diciottenne. Per amore e non per convinzione, ha tradito il suo amato universo di musica rock classica e sentimentale, con cui tenta di riappacificarsi nel momento in cui decide di aprire un negozietto di vinili e vecchi lp. Ancora peggio è andata a Fulvio: intellettuale ma non borghese, faceva il critico cinematografico ma, causa una relazione extraconiugale con un'attrice di fiction, è finito per contrappasso ad occuparsi di gossip e a pagare un conto salato anche in tribunale. Mentre Ulisse e Fulvio sono vittime di circostanze fortuite, Domenico invece è causa del suo stesso fallimento: donnaiolo, impenitente, superficiale, ha seminato figli in ogni dove e non ha imparato molto dalle sue esperienze. Motore della vicenda e fautore della convivenza, è colui che si ricollega alla grande tradizione cinematografica italiana, il Vittorio Gassman ( ne Il sorpasso (1962) dei tempi moderni che conduce tutti verso un baratro senza fine che rivela i disagi di un Paese in piena crisi d'identità, in cui il valore dei soldi supera quello dell'etica morale. L'importanza che hanno i personaggi in scena è tale che Verdone ha scelto una regia teatrale, rifiutando i primi piani o i piani stretti e lasciando alla presenza scenica dei suoi attori il compito di far muovere la camera, con un'attenzione diretta all'intera mimica gestuale e non solo a quella facciale.
Note
Favino, Giallini e Verdone sono tre ex coniugi di limitate risorse con obbligo di alimenti a carico. Più che l’ambizione o gli affetti, il loro problema è quello di un’Italia premoderna. La fame. Questa intuizione di mostrare un Paese ritornato alle condizioni della commedia dell’arte, incalza un film sconquassato da gag a ripetizione (e non poche divertenti) e addolcito dalla Ramazzotti nella parte di una cardiologa bionda che (come nei film di Wilder) tenta di rianimare un Verdone sessualmente arrugginito. Insieme a Giallini, la cui maschera di canaglia inerme è portata all’incandescenza, è la cosa migliore di un film che coniuga una tecnica sorprendente della risata (i tempi dell’azione a volte sono da slapstick) con una nostalgia della famiglia di sapore un po’ zuccherino e decadente.
Trailer
Scrivi un commento breve (max 350 battute)
Attenzione se vuoi puoi scrivere una recensione vera e propria.
Commenti (6) vedi tutti
Verdone è palesemente poco in forma e con poche idee e la butta troppo sul piano del pietismo spiccio che porta il film a non convincere, anche perché non è controbilanciato da situazioni "comiche" realmente riuscite. I tre protagonisti insieme non funzionano, soltanto Giallini in solitaria salva un po' le cose riuscendo a far sorridere.
commento di silviodifedeVerdone, affiancato da un valido cast,non delude.
commento di VitoloneCommedia "malinconica" di Verdone.Si sorride, di tanto in tanto.
leggi la recensione completa di Furetto60Ottimo cast, film divertente.
commento di Stelvio69Farsi buttare a mare non è il male peggiore. Parola di ex.
commento di michelBella commedia di Verdone con un grande Giallini e un buon Favino.Verdone ottimo come sempre
commento di antonio de curtis