Regia di Luca Miniero vedi scheda film
Sèguito di “Benvenuti al Sud”, straordinario successo al botteghino, con oltre 30 milioni d’incasso nel 2010, “Benvenuti al Nord” batte il ferro ancora caldo del precedente lavoro, sfruttando un cast già rodato (Bisio, Siani, Lodovini, Finocchiaro, Rizzo e Paone), a cui si aggiunge, a piccole dosi, Paolo Rossi ed utilizzando una squadra tecnica quanto più possibile mutuata dal primo film della serie; a capitanare l’operazione ancora Luca Miniero, che ha definito questo film “un sequel obbligatorio”. Anche la trama ovviamente si aggancia al film precedente, soprattutto nell’ultima parte, in cui con un flashback si mettono al corrente anche quei pochi che non avessero visto il primo film, sul fondamentale antefatto. Mattia Volpe viene trasferito a Milano dove va a stare dall’amico Alberto, che prova a ricambiargli il favore fattogli qualche tempo prima. Ma Alberto è in crisi con la moglie Silvia che lo accusa di essere troppo assente; e nemmeno Mattia se la passa tanto bene: Maria l’ha lasciato perché troppo irresponsabile e l’impatto con la realtà milanese non è dei migliori. Ritrovatisi soli, i due amici rinforzano ulteriormente il rapporto, aiutandosi vicendevolmente. Il soggetto è originale, scritto dallo stesso regista assieme a Fabio Bonifacci; lo stesso dicasi per la sceneggiatura, che prova a coprire le sue falle attraverso una serie di gag giustapposte l’una all’altra, unite dal fil rouge dell’esasperazione degli stereotipi. Peccato che l’assunto “i preconcetti sono sbagliati” abbia una duplice, dicotomica ed incoerente, valenza per questo film: li si critica (smontandoli sistematicamente, anche se molto meno rispetto a “Benvenuti al Sud”), ma contemporaneamente ce ne si ciba voracemente, facendone il proprio punto di forza per provocare la risata. La sceneggiatura inoltre trascura la caratterizzazione profonda dei personaggi e le loro pulsioni. A risentirne sono le prove degli attori: Siani si è completamente infilato nel buco lasciato dalla dipartita di Massimo Troisi e ha il blasfemo ardire di volerne diventare un clone (dai capelli, allungati, al parlato, addirittura alle movenze); alla Lodovini hanno abbassato il numero della battute ed altrettanto è stato fatto con i centimetri della scollatura (non capita mai che abbia una posa in cui non mostri l’invidiabile decolté); la Finocchiaro, pur essendo padrona di casa, è decisamente sottoutilizzata, al punto che Miniero è costretto a sdoppiarne il ruolo, creando l’(inutile) ruolo della madre leghista, interpretata dalla stessa attrice; fedele a se stesso è solo Bisio, che regge bene il ruolo e non si discosta molto dalla precedente esibizione. Le battute sono molteplici e si ride quasi in continuazione, anche se chiamarlo “film” è un po’ eccessivo: “raccolta di battute legate insieme da una tematica ritrita ma funzionante” sarebbe la dicitura esatta. Lo testimonia il finale, confuso e approssimativo. “Benvenuti al Nord” sta al cinema come Benedetta Parodi alla cucina: ne fa parte per ragioni “obbligatorie”, per quanto incomprensibili.
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