Regia di Paolo Taviani, Vittorio Taviani vedi scheda film
Al confine tra finzione e documentario, i fratelli Taviani riesumano il Giulio Cesare di Shakespeare all'interno degli ambienti inospitali e decadenti del carcere di Rebibbia in un film geniale e coraggioso, che valorizza l'arte come strumento di riscatto sociale per i detenuti, ammirevoli interpreti dell'opera. Fotografia e musica affascinanti. 8
I fratelli Taviani, acclamati autori del cinema italiano contemporaneo, riesumano il Giulio Cesare di W. Shakespeare trasportandolo all'interno degli ambienti inospitali e decadenti del carcere di Rebibbia in un film estremamente originale, che ha il principale merito di far scoprire l'arte ai detenuti rendendoli consapevoli del patrimonio culturale che hanno perduto e sottolineando l'importanza che l'arte può avere come strumento per un percorso di redenzione, di riscatto sociale. Ciò avviene grazie anche alla recitazione in dialetto, in modo che gli interpreti possano immedesimarsi maggiormente nei personaggi fino a ritrovare loro stessi all'interno dell'opera di Shakespeare, un testo letterario notoriamente senza tempo che affronta tematiche ancora oggi molto attuali come la congiura, il tradimento, le menzogne, la perdita ed il prezzo del potere. Quello che conta inoltre, è la rappresentazione e la preparazione dello spettacolo teatrale: esso è ambientato all'interno del carcere, con un utilizzo molto limitato delle scenografie e dei costumi. I due registi, infatti, puntano soprattutto sulla straordinaria bravura degli interpreti, sull'affascinante fotografia in bianco e nero e sulla colonna sonora avvolgente ed ipnotica. Tutte scelte stilistiche che, fortunatamente, sono valori aggiunti alla buona riuscita dell'opera. In conclusione, un film impegnativo e a tratti difficile da seguire, ma indubbiamente necessario, geniale ed incredibilmente coraggioso.
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