Regia di Paolo Taviani, Vittorio Taviani vedi scheda film
una tragedia teatrale come riscatto alla vita del carcere... il film è altro, ma poi è anche questo. ma prima, per lo spettatore che vede, è film. e un film potente anche. le prove per cercare i protagonisti e le prime prove delle battute e del modo in ci queste devono essere dette, lasciano il posto subito alla tragedia teatrale che diventa anche palco per la tragedia di chi ci recita. viene detto che sembra che shakespeare conoscesse bene città come roma, napoli o palermo, centri da cui per la maggior parte provengono gli ospiti di quel carcere, ma soprattutto quei volti, quei luoghi e quelle esperienze vengono trasformati in una potente fiction, dove reale e fittizio si mescolano in continuazione finendo per confondersi a tal punto che ci si raccapezza solo quando il pubblico applaude entusiasta. lo sguardo dei fratelli taviani è uno sguardo attento e preciso che sa dove mettere la telecamera, spesso addosso ai suoi interpreti(forse anche perchè gli spazi sono ridotti)leggermente dall'alto o dal basso per enfatizzare quei corpi e quei visi non avvezzi alle telecamere, che grazie al meraviglioso bianco/nero della fotografia diventano statue di marmo di corpi possenti(antonio,decio, cesare, metello) e visi arcaici graziati dal talento istintivo della recitazione e dalla mano di registi che pasolinianamente ne traggono piacere e li mettono a frutto(bruto, cassio...). poi da spettatore, assisto allo snaturamento del carcerato che deve estinguere il suo debito con la società, che recita i propri transfert nella tragedia accorgendosi solo ora forse, grazie al teatro, che la cella è una prigione. splendida la musica che si fa protagonista senza essere invasiva.
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