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Simple Simon

Regia di Andreas Öhman vedi scheda film

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La recensione su Simple Simon

di OGM
6 stelle

Non toccatemi. Sono Asperger. Simon porta questa scritta su una spilla appuntata alla sua adorata felpa rossa, che indossa tutti i giorni, tirando su la cerniera fino al collo. La sua malattia lo fa vivere in un mondo tutto suo,  escluso dal contatto fisico con altri esseri umani, e refrattario a qualsiasi tipo di cambiamento. È del tutto calzante il confronto con una capsula spaziale, sospesa nel vuoto, soggetta alla perfezione delle leggi fisiche, ermeticamente chiusa e completamente isolata. Simon se ne è costruita una, con un bidone di metallo, dentro il quale si rifugia spesso, immaginando di essere sospeso nella stratosfera, in orbita intorno alla Terra. Quel ragazzo guarda al resto dell’universo da una prospettiva obiettiva e totalmente priva di emozioni, in cui il corso degli eventi è governato da equazioni matematiche, e persino l’amore è il prodotto di una giusta combinazione di quantità misurabili sperimentalmente. La ricetta della compatibilità di coppia e la tabella di marcia per la giornata sono gli unici modi in cui Simon sa organizzare la propria esistenza, che, da quando ha dovuto abbandonare la casa dei suoi genitori, è intimamente legata a quella del fratello Sam, suo tutore. E si intreccia fatalmente con la vita  privata di quest’ultimo, compromettendo il suo rapporto con Frida, la sua ragazza,  che abita con lui. Simon, infatti, vorrebbe inserire anche lei nella sua rigida programmazione, basata su una scansione temporale precisa al secondo. Il film di Andreas Öhman fa di questa patologica mania del protagonista il leitmotiv di un personaggio a senso unico, che, però, inizia improvvisamente ad interessarsi all’ambiente circostante e a indagarlo, nel momento in cui, con la rottura tra Sam e Frida, l’armonia così attentamente studiata si infrange definitivamente. Nei piani di Simon, elaborati per una convivenza a tre, si creano innumerevoli buchi che vanno al più presto riempiti con un’adeguata sostituta, da individuare con metodi scientifici.  La ricerca di Simon presenta il lato ingenuo e surreale del rigore, quello che pretende di potersi applicare alla realtà umana dall’alto di una imperturbabile imparzialità, che è poi quella suggerita dal titolo originale del film, secondo cui nello spazio non esistono sentimenti.  Simon è fermamente intenzionato a sondare a fondo il paesaggio femminile della sua città, ma senza lasciarsi coinvolgere in prima persona. Non apprezza, non valuta, non giudica, bensì, semplicemente, misura, sulla base di asciutti parametri numerici. Eppure, in questa sua indagine ripetitiva e apparentemente anodina, Andreas Öhman riesce a trovare spazio per l’imprevisto e la fantasia, inserendo elementi di contrasto che parlano del naturale caos del mondo: quell’imperscrutabile approssimazione da cui, alla fine, lo stesso Simon non può evitare di farsi sfiorare. Quel ragazzo così apatico, eppure visceralmente attaccato alle regole, si mette alla disperata ricerca di ciò che possa ristabilire lo status quo, e invece il suo avventuroso cammino lo porta in tutt’altra direzione: inseguendo l’ordine, finisce per farsi lambire dalla verità della vita, che non si può ricondurre a formule aritmetiche  e quindi è razionalmente indecifrabile. Simple Simon non è una favola, né una commedia, ma ha la fantastica leggerezza di entrambe. Non aiuta molto a capire il punto di vista di chi, come Simon, vede il mondo attraverso una griglia di classificazione logica, perché il racconto si limita a descrivere il fenomeno in maniera superficiale, applicandovi il rassicurante filtro della simpatia. La morale ci ricorda quanto sia normale amare l’impossibile; ma il dramma che precede la scoperta è, forse, un po’ troppo soffuso per potervi credere.

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