Regia di Daniele Vicari vedi scheda film
Premetto fin dall’inizio che qualunque riferimento o istanza politica presente in questa recensione è, per forza di cose, strettamente necessaria all’analisi del film ed estranea a qualsiasi intento “propagandistico”.
Detto questo, penso che “Diaz” sia un film ingiusto e gravemente sbagliato.
Il regista impone il suo stretto e limitato punto di vista, mancando completamente di oggettività e (addirittura) mostrando una visione incompleta dei fatti, che trascura non solo i retroscena e i motivi degli eventi, ma anche una minima spiegazione degli avvenimenti stessi che non vada oltre un becero stereotipo. Senza insomma mostrare null’altro che un gruppo di protestanti, perlopiù ragazzi (i “buoni” e innocenti personaggi che lottano per i loro diritti) pestati violentemente a sangue e crudelmente umiliati dalla polizia (i “cattivi” che agiscono senza motivo alcuno, solo perché così viene loro comandato dall’”alto”).
Viene dato per scontato che lo spettatore conosca l’esatto svolgersi delle complicate vicende, le cui origini e basi non sono invece ben chiare e trasparenti neppure tutt’oggi. Non mi si fraintenda, non sto affatto cercando di giustificare l’ignoranza; quello che sto dicendo è che il film ci mostra l’evento al culmine del suo sviluppo senza spiegarne l’origine e le ragioni che hanno portato ad esso.
La violenza è inutile, disturbante e insistita, esibita col solo bassissimo scopo di impietosire lo spettatore, portandolo ad una visione del giusto e dello sbagliato del tutto fuorviante.
Mi spiego meglio: chiunque veda questo gruppo di crudeli celerini entrare violentemente in un edificio pestando a sangue coloro che vi stanno dentro (e, tanto per fare più scalpore, viene malmenato pure un povero vecchio), per poi umiliare in modo osceno i giovani e innocui attivisti (si veda la scena della ragazza costretta a spogliarsi in caserma, calcatissima forzatura che non sappiamo poi fino a che punto corrisponda a verità), è portato a credere che la ragione (riferita ovviamente all’evento in questione) stia tutta da una parte e il torto tutto da un’altra. Ed è qui che il film diventa quindi dannoso.
Anche perché stiamo parlando di un evento di grossa portata, non certo di una banale occupazione scolastica. Non viene ad esempio posto l’accento sui grossissimi danni che questi protestanti hanno provocato bloccando (traffico, circolazione, lavoro, qualsiasi tipo di attività) una città come Genova. Ogni medaglia ha due facce, e mostrarne una sola occultando l’altra non è che una mancanza di rispetto nei confronti di coloro ai quali il racconto (o l’esposizione dei fatti) è rivolto(a), quindi noi spettatori. Non sto chiamando a gran voce l’imparzialità, ma un buon regista dovrebbe saper conciliare la presa di posizione alla chiarezza e completezza espositiva degli argomenti sui quali si propone di far luce.
Un punto a favore, invece, per la realizzazione, ben orchestrata e strutturata.
Staccandoci poi per un attimo dal contesto socio-politico, la prima parte del film (quella ante-pestaggio) ha la struttura di un solido thriller urbano.
Ma queste caratteristiche sollevano di pochissimo (quasi di nulla) le sorti di un film che, per raccontare e spiegare l’evento che si propone di narrare, è in assoluto il meno adatto.
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