Regia di Daniele Vicari vedi scheda film
Di uno sconvolgente inaudito, "Diaz" è uno di quei film che ti segnano la vita per sempre. Ricordo che quando si trattò di recensire "Romanzo di una strage" ero pervaso da un senso di malessere che mi impediva di commentare il film con la necessaria serenità, e di questo diedi conto a chi mi leggeva. Ebbene, nel caso di "Diaz" la medesima difficoltà si è ripresentatata, solo che era moltiplicata per centomila. Nell'altro caso si trattava di un vago disagio che si era insinuato in me di fronte all'evidenza di un incredibile verminaio che covava dentro apparati dello stato, in balìa di coperture e depistaggi che accompagnarono un' infelice stagione della nostra storia. Trame, misteri, intrighi, segreti ed oscure manovre atte a confondere e a depistare. Nel caso di quanto avvenne a Genova in quel luglio 2001, invece, le nefandezze non furono sotterranee ma attuate con forza inaudita alla luce del sole. Quasi un clamoroso atto di forza dimostrativa. Una prova di virilità, una esibizione di potere "maschio", un'esaltazione dell'idea di Sopraffazione che ben pochi uguali ha avuto nella storia della nostra nazione, e non solo. Circa 300 uomini in servizio preso questo Stato (Settimo Nucleo, Digos e Mobile) hanno fatto irruzione la notte dentro un complesso scolastico adibito a palestra-dormitorio ed hanno selvaggiamente (sottolineo SELVAGGIAMENTE) infierito con manganelli d'ordinanza su corpi inermi (ed inerti) di persone che non hanno opposto la minima resistenza. Guardate: mi è capitato più volte di piangere al cinema mosso da sentimenti attinenti al romantico o al compassionevole, ma mai, giuro, prima d'ora avevo pianto lacrime di rabbia (e a giudicare da quanto ho raccolto sul web, non sono stato il solo). Quanto è accaduto quella notte dentro le mura delle scuole Diaz sarà per sempre consegnato alla Storia degli Uomini come uno degli episodi più animaleschi (con tutto il rispetto per i veri animali) mai capitati nel Consorzio Umano Civile. Anche se qui sarebbe poi interessante scindere l'aspetto politico da quello umano, per quanto essi fossero drammaticamente compenetrati la sera della tragedia: fu una decisione chiaramente politica (l'atto dimostrativo che la Polizia poteva TUTTO su TUTTI e nessuno poteva sognarsi di metterlo in discussione), ma che potè contare su di un istinto bestiale evidentemente già pre-esistente in quegli uomini in divisa. Fu il dilagare, l'esondare, lo straripare, di una inclinazione alla violenza bestiale che finalmente rompeva gli argini con la consapevolezza che nessuno vi si sarebbe potuto opporre. E ci sono due termini che mi balzano subito alla mente: Impunità e Delirio di Onnipotenza. Ma attenzione, voglio che sia molto chiara una cosa. Premesso che io non intendo qui ricostruire il contesto di quell'infelice e tragico G8 (morte di Carlo Giuliani compresa), tengo a chiarire che personalmente aborro l'idea stessa di SCONTRO. Tant'è vero che il sottoscritto nella sua ormai lunga vita non ha mai preso parte a cortei nè a manifestazioni, proprio per il timore della scintilla che può innescare l'incendio. Pauroso? Mettiamola così, io non mi vergogno di essere persona sommamente pacifica, magari intrigato da sfide e duelli verbali, anche spinti, ma mai attirato dal confronto fisico che preveda una gara di forza. In altri termini diciamo che sono l'esatto opposto di quella che si definisce una "testa calda". Ciò detto, ora io non credo di avere, come s'usa dire, gli occhi foderati di prosciutto. Per cui, se qualcuno mi mostrasse le immagini di manifestanti che incendiano macchine o sfasciano vetrine, io non cadrei certo dalle nuvole. Anche se, nello specifico di quel G8 genovese, resto convinto che gli atti di vandalismo compiaciuti e reiterati fossero opera di persone che nulla avevano a che fare con lo spirito e i dettami del Genova Social Forum. Li vogliamo chiamare Black Blok? Su quella categoria di persone ancora non ci sono idee del tutto chiare: pare si tratti di anarchici estremi di un'ala nichilista distruttiva (e a me vengono i brividi anche solo a pensare che esistano individui che si trasformano in macchine per distruggere!). Li abbiamo visti tutti, intenti a spaccare vetrine in preda a furia devastante e subito dopo dissolversi nel nulla per poi riapparire come fossero una specie di "folletti spaccatutto", di primule rosse del mordi e fuggi. Ebbene, sono esseri in qualche modo a mio avviso "deviati", perchè ispirati ad una furia che, benchè forse obbedisca a scelte politiche di anarchia estrema, tuttavia non attiene alla norma di persone psichicamente stabili e ragionevoli. Ciò detto però, quando la stessa furia la ritroviamo tra le forze dell'ordine, quando il desiderio di "regolare conti" serpeggia fino ad esprimersi in termini di pura esibizione muscolare, travalicando regole e limiti (legali oltre che morali), quando insomma la violenza cieca e bestiale ispira la mano non dei black blok (intesi come giovani immaturi e dementi) ma di uomini che sono membri di corpi dello stato...scusate, ma non è molto più GRAVE? Ma c'è un altro dettaglio, importantissimo: quegli agenti non si accanirono contro manifestanti violenti (il che potrebbe anche starci, in un'ottica di scontro fisico) ma scaricarono tutto il loro odio più viscerale su persone che non potevano far altro che opporre resistenza passiva e lasciarsi massacrare. La polizia dunque come strumento di sopraffazione e di massacro. E questo non in Cile o in Messico, ma a Genova, Italia, una decina d'anni fa. E non è finita qui. Quel triste episodio si sviluppò in una seconda fase, per certi aspetti ancor più intollerabile. Alcuni di quei corpi, offesi e malmenati, vennero trasferiti nella famosa caserma di Bolzaneto, dove furono oggetto di indicibili torture sia fisiche (i soliti manganelli) sia psicologiche. E di queste ultime vediamo nel film esempi talmente realistici da indurre lo spettatore ad abbassare lo sguardo: persone che vengono lasciate accanto ai propri escrementi, oppure denudate e sottoposte a derisioni e pesantissime umiliazioni. C'è chi ovviamente sosterrà che si è esagerato ma, a parte che tutto il film si basa su testimonianze processuali, io penso in polizia esistano veramente personaggi così carichi d'odio e prepotenza e non siano solo due o tre mele marce. Sono persone malate, oppure talmente insoddisfatte della loro vita privata da aver bisogno di questa sponda superomistica per cercare continuamente segnali di conferma della propria potenza. Gente tarata, ecco cosa. Il film è tecnicamente molto bello, dominato da un vibrante contrasto tra esplosioni di violenza e una appassionata vena romantica struggente, sullo sfondo di una Genova resa vivace e coloratissima da una quantità di ragazzi di ogni provenienza geografica, allegri, creativi, alcuni forse anche un pò immaturi, ma comunque vivi e fantasiosi, con una gran voglia di conoscersi, di scambiarsi esperienze, e, perchè no, di innamorarsi. Colorati, vitali, entusiasti. Con un sogno di pace che è stato preso a manganellate e sputi in faccia. Su Film Tv, Giona Nazzaro nel commentare il film ha evocato addirittura echi di Carpenter, di Costa Gavras e di Elio Petri. Ha esagerato? Quel che so è che questo è cinema che ti resta incollato addosso, che non solo ti fa riflettere (come il film di Giordana) ma ti dà l'assalto e ti fa male, ti punge la carne viva. Quanto al cast, si apprezza la scelta di Vicari di allestire un dramma corale, tanto che lo spettatore si deve arrendere all'idea che le due star annunciate (Elio Germano e Claudio Santamaria, soprattutto il primo) in realtà appaiono sullo schermo per molto meno tempo di quello che ci si poteva aspettare. Personalmente, ho apprezzato molto di più, rispetto ai due attori citati, altri volti fino ad ora poco conosciuti. Su tutti, la splendida Jennifer Ulrich, che interpreta con sofferta adesione la sfortunata Alma Koch. Segnalazione rapida per la bellissima attrice rumena Monica Dean (qui nei panni di una giornalista straniera) che si fece notare qualche anno fa come protagonista del film "Francesca". Una nota di merito particolare per il bravo Davide Iacopini nel ruolo di Marco (peraltro al suo debutto nel cinema) e che diventa di fatto il vero protagonista del film, se consideriamo che il suo volto è quello che appare più a lungo sullo schermo. E infine una segnalazione particolarmente affettuosa cui non posso sottrarmi. Nei panni di un tranquillo pensionato (con tanto di berrettino con la scritta "CGIL") che viene però malmenato perchè aveva trovato spazio per dormire all'interno delle scuole Diaz, troviamo un attore superlativo nonchè il principe dei caratteristi italiani, il vecchio caro Renato Scarpa. Non posso fare a meno di segnalare che il film contiene alcune scene davvero disturbanti, dove la ferocia del pestaggio su quei corpi inermi raggiunge vertici di realismo quasi insostenibili. Un realismo che non è perseguimento di alcun effetto splatter, ma che era indispensabile in quanto coerente con la scelta di verità condotta da Vicari fino in fondo con coraggio. Se si voleva mostrare il Male, beh quello è il vero volto del Male, in quei denti rotti e in quei visi tumefatti. E d'altra parte lo stesso Vicari ha detto ai giornalisti presenti a Berlino che la struttura del suo film è quella di un horror. Auguro a questo film il successo (anche internazionale) che si merita, anche perchè esso insieme agli ottimi "ACAB" e "Romanzo di una strage" segna (siamo in molti a sperarlo) l'inizio di una nuova stagione del cinema italiano, finalmente fuori dalle consuete derive demenziali di bassissimo profilo. E mi piace concludere esprimendo riconoscenza e gratitudine, oltre che al già citato regista, a Domenico Procacci, coraggioso produttore che si è battuto come un leone perchè questo progetto andasse in porto. Per lui non è che l'ennesima tappa di una scelta professionale tutta volta al cinema di qualità, attraverso quella struttura mediatica-culturale polivalente che ha nome "Fandango".
Voto: 10
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